Scrittori a VeneziaWriters

La Writers Guild Italia è nata con il preciso intento di valorizzare e di far rispettare, sotto ogni aspetto, il lavoro professionale degli sceneggiatori e quindi anche la loro immagine pubblica. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, raccoglie e diffonde la voce degli sceneggiatori italiani, per tentare di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori e le sceneggiature vengono penalizzati dalle comunicazioni dei festival e degli organi di informazione.

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  SCRITTORI A VENEZIA

  Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori italiani presenti con le loro opere alla
  71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (27 agosto-6 settembre)

 

Renato De Maria ha diretto e scritto  LA VITA OSCENA , tratto dal romanzo autobiografico di Aldo Nove. Il film è in concorso nella sezione Orizzonti e verrà proiettato oggi, 28 agosto 2014, alle 17 nella Sala Darsena e in streaming su Mymovies.it, domani alle 13.15 al PalaBiennale.

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La vita oscena

scritto da… RENATO DE MARIA

As I read the book by Aldo Nove I felt inspired by its story and the images it evokes to make this film, it was as if I “had” to make it. I wanted to make the most of Aldo’s visionary writing to create a story of self-growth, powerful but spectacular as well. The story is simple, sort of ancestral. Left alone, after his family’s sudden crumbling, Andrea (Clement Metayer) undertakes a journey in search of death. An hallucinatory wandering, in which the drugs’ distorted vision overlaps reality, deforming it. Waiting for an end that never comes and will never come, Andrea will experience the fire of dissolution, always followed by the gaze of his mother (Isabella Ferrari), and will finally find the deepest meaning of his Obscene Life. The novel relates more to a poem than to a novel structure. And in the same way my movie itself is constructed as a narrative in verse as well.

1. Renato, puoi raccontarci la storia del tuo film in poche righe?

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Aldo Nove. E’ una dolorosa, ma visionaria autobiografia del poeta da giovane. Rimasto solo, per lo sgretolamento improvviso della sua famiglia, Andrea (Clément Métayer) intraprende un viaggio alla ricerca della morte. Un percorso allucinato, in cui la visone drogastica si sovrappone alla realtà, deformandola. In attesa di una fine che non arriva e non arriverà mai, attraverserà il fuoco visionario della dissoluzione, inseguito dallo sguardo della madre (Isabella Ferrari). Fino a trovare il senso più profondo della sua Vita Oscena.

2. Com’è nato il film? Cosa ti premeva raccontare?

Il film nasce proprio dalla lettura del libro di Aldo. Dalle immagini evocate dalla storia che mi hanno spinto a “dover” fare questo film. Mi premeva sfruttare la visionarietà della lingua di Aldo per fare un racconto di formazione potente, ma spettacolare.

3. Quale peso dài all’elaborazione della sceneggiatura nella creazione dei tuoi film?

Ovviamente enorme. E’ chiaro che le immagini, se pur bellissime, da sole non bastano. E’ la storia che dona fondamento al film. In questo caso, la storia è semplice, ancestrale e, appunto, solida.

4. Nei tuoi film precedenti hai quasi sempre lavorato alla sceneggiatura con uno o più sceneggiatori. In questo caso hai scritto il soggetto con Aldo Nove e la sceneggiatura da solo. E’ un caso o una scelta? Perché? Quanto è diverso scrivere da soli o con altri sceneggiatori?

Ho scritto con Aldo perché il romanzo era più vicino al poema che al romanzo. E anche il mio film è organizzato come un racconto in versi. La presenza al mio fianco di Aldo era necessaria.

5. Quanto è cambiato il copione sul set, rispetto allo script? Per quali ragioni?

Poco. Perché abbiamo organizzato le immagini con un grande sforzo di reference sia cinematografici, che fotografici. E anche disegnato storyboard per le scene più complesse. In più, contenere i costi era importante. E, per abbatterli, era necessario evitare imprevisti. Ma poi ci sono gli attori, e la vita di un set che è fatta di mille imprevisti con cui ogni giorno devi fare i conti.

6. Quali pensi che siano i punti di forza del film? Li hai cercati più per una tua esigenza espressiva o per andare incontro a un pubblico?

Per me rispettare le proprie esigenze artistiche è il modo migliore per offrire al pubblico il meglio di quello che tu puoi dare. E’ chiaro che questo nasce come un progetto particolare, anomalo. Non per un pubblico largo. Ma penso che non lasci indifferente nessuno.

7. La WGI fa queste interviste per coprire un vuoto d’informazione. Di solito, ai festival si parla solo di registi e attori. Che ne pensi di questa abitudine?

La scrittura è importantissima e andrebbe seguita con grande attenzione anche da parte dei media, non solo dagli addetti ai lavori. Ci sono grandi sceneggiatori dietro ogni lavoro importante. Non può essere altrimenti. Accendere una luce importante su questo difficilissimo mestiere aiuterebbe anche ad attirare di più i giovani talenti.

8. Cosa ti aspetti da Venezia?

Da Venezia mi aspetto attenzione e rispetto per il mio lavoro. Ci spero. Lo affronto col giusto timore, ma anche con la necessità di trovare uno spazio per il mio film. Non è stato facile realizzarlo. E’ importante per noi essere stati selezionati.

9. Cosa pensi della situazione del nostro cinema in questi anni?

Il cinema italiano mostra zone di luce quando ha il coraggio di inventare. Mi annoia quando assomma un film dietro l’altro con la stessa storia e lo stesso cast che si ripete all’infinito. Qualcuno scende, qualcuno sale, ma quel senso di già visto, di inutile, è fastidioso.

10. Diritto d’autore: ti senti tutelato? Cosa cambieresti?

Mi sento “abbastanza” tutelato. Certo che si può fare di più….Cosa cambierei? Redistribuirei meglio i diritti, e farei in maniera di tutelare al massimo le realtà più deboli. Mi sembra invece che funzioni al contrario. Più sei forte, più sei tutelato. Non lo trovo giusto.

 Intervista a cura di Franca De Angelis
Sinossi in inglese a cura di Claudia  Di Paolo