Scrittori a festivalWriters

Bella e perduta

La WGI è nata con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati  dagli organi di informazione.
Il 40. Toronto International Film Fest si è appena concluso con la vittoria del film canado-irlandese RoomI film italiani in concorso nelle diverse sezioni erano sette, tutti – da Sorrentino a Bellocchio – già presentati in concorso sia a Cannes che a Venezia.
Nella sezione Wavelenghts, si è fatto notare Bella e perduta, che già era stato acclamato all’ultimo festival di Locarno (Primo Premio della Giuria Giovani e Menzione Speciale della Giuria Ecumenica).
Maurizio Braucci ha scritto con il regista Pietro Marcello (che firma anche produzione e fotografia) la sceneggiatura del film, nato documentario e diventato favola.

Maurizio, rieccoci dopo un anno (qui l’intervista dell’anno scorso per Pasolini). Il regista, Pietro Marcello, è un documentarista e ha raccontato (qui) che Bella e perduta è nato come un “viaggio in Italia” ed è poi “diventato un film a metà tra fiaba e documentario, tra sogno e realtà”. Ci racconti meglio questo percorso? A che punto sei intervenuto, tu?

E’ un film che ha una storia. Pietro era partito per girare un documentario sulla vicenda della Reggia di Carditello, stava già filmando da alcuni mesi quando il protagonista, il pastore Tommaso Cestrone, è improvvisamente morto. Il problema sembrava irrisolvibile e allora mi ha chiesto di dargli una mano ad immaginare un seguito della parte documentaria.

Ci siamo messi così a lavorare, sia utilizzando la scrittura a tavolino che quella scenica – cioè lavorando durante le riprese a delle soluzioni drammaturgiche, coinvolgendo gli attori e cercando spunti nel paesaggio e nei suoi abitanti – partendo dalla sua intuizione di proseguire la storia entro una dimenione favolistica. Così è nato Bella e perduta, su cui poi abbiamo lavorato con un’ulteriore scrittura narrativa durante il montaggio con Sara Fgaier.

Da un lato abbiamo l’ispirazione ad un uomo realmente esistito (il pastore Tommaso Castrone che si occupò della reggia di Carditello) e la volontà di raccontare le problematiche attuali della Terra dei fuochi, dall’altra Pulcinella e un bufalo di nome Sarchiapone. Alla fine cosa dobbiamo aspettarci, noi spettatori: un film di finzione o uno in cui la vocazione documentaristica prende il sopravvento?

Un film sperimentale, poetico (e in tal senso, civile e quindi politico) che io e Pietro abbiamo condiviso fortemente in quanto abitanti di quella terra martoriata, la Campania, ma allo stesso tempo terra forte e tenace. E’ un film tragico ma anche pieno di speranza, un film sulla morte e la rinascita. Io credo che parli al nostro inconscio collettivo più che alla nostra razionalità, è quindi è molto riconoscibile per uno spettatore sensibile all’oggi, al bisogno di denuncia e di alternative al presente. Non parla solo della Campania ma utilizza la sua storia come metafora dell’Italia e di tante parti del mondo afflitte dal conflitto tra Capitale e Ambiente. E’ anche un film contro l’industria alimentare e I lager dove sono confinati gli animali da macello. Non ha un ritmo, come dicevano i Francofortesi, da cartone animato, dove ogni tre minuti c’è un soprassalto, ma ha la cadenza di un poema, di una riflessione importante, direi urgente. Secondo me è molto rivolto ai giovani, alla ricerca di linguaggi innovativi nel cinema. Credo che il film abbia raggiunto un miracoloso equilibrio tra documentario e fiaba, quindi tra finzione e realtà.

Dalla scrittura al set. Come sempre, ci interessa sapere qualcosa sul tuo coinvolgimento nella fase di realizzazione: se hai partecipato alle scelte del regista rispetto a location, attori eccetera, se i cambiamenti del copione sono stati concordati con te, se eri presente alle riprese.

Ero molto presente e si scriveva a volte sentendo gli attori – tutti non professionisti- e discutendo con loro delle scene. Siamo partiti dalla narrazione del reale, di quanto accaduto e filmato nel documentario, agganciandoci ad alcuni aspetti e personaggi lì presenti – il giovane bufalo è il vero protagonista ed era un animale scampato alla morte grazie al pastore che Pietro stava seguendo- sviluppando questi caratteri entro la struttura della finzione con una scrittura ritagliata su di loro in quello che poi è un viaggio a tappe. A volte si è trattato di piegare la scrittura verso il reale, altre volte di interpretare il reale in modo che lavorasse entro la finzione. E’ stato molto interessante, per noi un grande esercizio di scrittura e di riflessione sul cinema.

Dal set al sistema produttivo. Una domanda che abbiamo fatto a molti, a Venezia, e che rigiro anche a te perché ci interessa molto. Barbera, il direttore della mostra, ha detto che si producono troppi film a basso costo, e che il low budget non produce qualità. Tu che ne pensi? Sei d’accordo?

Quindi più soldi significa più qualità? Questo è facilmente smentibile con vari esempi. Io parlerei piuttosto di cinema indipendente (perché poi il low di budget quanto deve essere low per risultare tale?) ma di un cinema indipendente anche dall’ideologia della cultura dell’industria cinematografica, ci sono film fatti in economia che questa cultura imperante la ribadiscono e altri, per la forza autoriale, che stanno a budget alti ma sono un pugno nell’occhio dei conformisti. Quindi indipendenza significa bassa qualità? Non per forza. Invece può significare non adesione agli standard industriali e borghesi della cultura, I fautori dei quali poi reagiscono chiamando bassa qualità la non adesione ai loro standard, è una difesa corporativa, gerarchica, o almeno può esserlo, e quindi ideologica. Ma forse Barbera intendeva dire che servono più soldi per il cinema? Questo è più giusto, ma bisogna poi vedere cosa ne farebbe il cinema di questi soldi in più, più effetti speciali o più attori famosi? Più soldi più vizi, in tal caso.

A proposito di produzione e di regole che la governano. Franceschini si è impegnato a fare una legge per il cinema entro Natale, da inserire nella finanziaria. Ha promesso di consultare le categorie. Tu ne sai qualcosa? Che ne pensi? Non sei un nostro socio ma ci interessa, sapere cosa dovrebbe riferire la WGI “da parte tua”.

Ho sentito questa sua affermazione, ai David di Donatello, ma parlava di un’altra cosa interessante: formare a partire dalle scuole, il pubblico che possa seguire il cinema di qualità. Impresa titanica ma fondamentale. Se si tratta di garantire le corporazioni, non mi interessa, si finisce sempre con i più forti a fare la parte dei leoni e a dare un contentino demagogico agli altri. Una rivisitazione seria, politica, del senso di cinema e di cultura, quello sì, ma non vedo le basi filosofiche necessarie in chi dirige questo Paese. Recentemente hanno fatto la classifica delle persone più influenti nel cinema italiano, ed era una lista di vendite ai botteghini: più vendi più conti. E’ reale ma è tragico.

Arriviamo alla distribuzione. Netflix ha deciso che Beast of no nations uscirà nelle sale e in rete contemporaneamente il 16 ottobre. E’ un’idea geniale o una pazzia? Credi come Woody Allen che Internet (lo streaming, il download) ucciderà le sale cinematografiche o pensi che invece abbiano ancora futuro?

Le sale sono già moribonde e I contorti meccanismi distributivi lo dimostrano. Si cercano disperate alternative. I film in streaming sul monitor del computer? Orribile. Su un impianto home theater? Già più interessante. Ma ripeto, bisogna formare il pubblico rincoglionito dai ritmi e dalle narrazioni della tv e dell’idea che tanto il pubblico non capisce niente (idea criminale, politicamente vile). Riportare la gente al cinema è una questione di cultura, lì va fatto il lavoro, prima al cinema ci sia andava come momento di rottura dal quotidiano, ora invece, standosene a casa con I dvd, esso è integrato nel quotidiano. Una cultura capitalistica, senza più proposte alternative, che spinge alla frammentazione e all’alienazione e che porta anche il cinema in questa dimensione, ecco il problema. E il cinema, che dovrebbe scardinare questa cultura si trova piegato ad essa per ragioni economiche. Da dove partire? Da ambo le parti e con un’intenzione politica e di interesse per il Pubblico. Ma siccome oggi la politica non sposa l’interesse pubblico bisogna cambiare la politica. Come? Con la cultura.

Oggi è tutto sottosopra. L’economia controlla la politica, la politica controlla la cultura, la cultura controlla l’arte. Bisogna andare al contrario, partendo dall’arte. Spingere verso l’utopia per ottenere un possibile dignitoso.

L’anno scorso, quanto ti ho chiesto tre aggettivi per definire il cinema italiano, hai detto: conformista, consociativo e anarchico. Quest’anno daresti la stessa risposta?

C’è tanta corruzione nel cinema e nella cultura e inoltre si fanno troppe operazioni pensate solo per riuscire vincitori di incassi e di festival. D’altra parte esiste una disperata risposta a questa dinamica dei furbi (furbi ammirati e stimati in quanto furbi) ed è un cinema che non pensa a niente, tranne che all’arte. Sì, ripeto la stessa risposta ma sottolineo che ci sono, tra tutti gli operatori del settore, degli uomini e donne liberi e che spesso agiscono nell’ombra o senza sbandierare le loro reali intenzioni. Ricordate Il tallone di ferro di Jack London? Beh, credo che sia diventato un modello reale per l’intera società.

Infine, per salutarci: Bella e perduta potrebbe essere la famosa commedia che avresti saputo/voluto scrivere (vedi sempre intervista dello scorso anno), o per quella stai ancora aspettando?

No, Bella e perduta è un film difficilmente classificabile in un genere. Della commedia sto scrivendo adesso il soggetto, spero poi di riuscire a trovare interesse da parte di qualcuno. Qui raramente le cose proposte dagli sceneggiatori, specie se autori, passano; qui tutto, o quasi, funziona in un modo che difficilmente è libertario, ma noi lo siamo.

Grazie, Maurizio, e in bocca al lupo intanto per Vancouver, dove Bella e Perduta è già stato selezionato!

L’intervista è a cura di Fabrizia Midulla

Scrittori a Toronto – Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori presenti con le loro opere alla 40 edizione del Toronto Intenational Film Fest (10 20 settembre 2015).
Le foto sono messe a disposizione della stampa sul sito filmitalia.org che ringraziamo.

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