Scrittori a VeneziaWriters

La Writers Guild Italia è nata con il preciso intento di valorizzare e di far rispettare, sotto ogni aspetto, il lavoro professionale degli sceneggiatori e quindi anche la loro immagine pubblica. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, raccoglie e diffonde la voce degli sceneggiatori italiani, per tentare di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori e le sceneggiature vengono penalizzati dalle comunicazioni dei festival e degli organi di informazione.

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  SCRITTORI A VENEZIA

  Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori italiani presenti con le loro opere alla
  71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (27 agosto-6 settembre)

 

Sabina Guzzanti ha scritto e diretto  LA TRATTATIVA . Il film viene presentato nella sezione Fuori concorso e verrà proiettato oggi, 3 settembre 2014, alle 22:00  nella Sala Grande e, domani alle 17.30 al PalaBiennale.

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La trattativa

scritto da… SABINA GUZZANTI

La  Trattativa (“The deal”) is a film that faces the power structure in our country, its financial and ideological relationships with crime and subversion. The time in which it takes place is very flexible. Doing research for this movie was immense work, and so it was processing all the information: despite that, I was ultimately able to write a ‘traditional’ screenplay, at least as regards the reenacted fictional parts of the movie. The documentary part of the screenplay was just outlined. I knew I was going to write it in a more extensive way while seeing the footage and selecting archival footage and interviews, as I did for all my previous works. Not only are there no main characters as such, there are not even good or bad characters. The voice-over conveys a line of reasoning and also moves the viewer’s emotional thinking. It must be concise, effective, and it must always have the right dose of humor: without humor, in my opinion, no reasoning is credible.

1. Sabina, La trattativa. come gli altri tuoi film, si annuncia come un mix di generi. Come hai scritto la sceneggiatura? Nella cronologia tradizionale, soggetto, scaletta, trattamento, oppure…

Il percorso della scrittura è stato molto lungo. Non direi tradizionale, perché il soggetto del film non lo è. È un film che affronta un tema, la struttura del potere del nostro paese, i suoi legami economici e ideologici con il crimine e l’eversione. Il tempo in cui si svolge è molto elastico, si salta di continuo avanti e indietro. Non solo non ci sono veri e propri protagonisti, ma non ci sono nemmeno buoni e cattivi.

Il film riguarda diversi episodi che si svolgono nell’arco di molti anni. Oltre agli episodi ci sono ragionamenti, prove, testimonianze.

Il lavoro di ricerca è stato immenso e il lavoro di elaborazione pure. La scelta delle parole, degli argomenti, è stata estremamente attenta.

Per rispondere alla vostra domanda, alla fine però sono arrivata a una sceneggiatura “ tradizionale”, almeno per quanto riguarda le parti di finzione. Un copione che è stato regolarmente distribuito alla troupe e agli attori con i dialoghi e le azioni.

La parte del documentario nel copione era riassunta in modo approssimativo. Sapevo che l’avrei scritta come nei lavori precedenti in moviola, mentre si selezionano il repertorio e le interviste.

2. Tu dai un peso molto importante alle parole. Le pronunci, le organizzi, le sistemi – sembra – non solo per costruire una storia, ma anche per il loro semplice effetto sonoro, come una sequenza di fuochi d’artificio o di schiaffoni, di campanelli destinati a svegliare una coscienza. E’ come se cercassi di riconnettere i neuroni degli spettatori su una sequenza di significati che è stata dimenticata. Stiamo dicendo delle sciocchezze, siamo in errore?

Non si commettono errori quando si ragiona, né tantomeno si può sbagliare quando si formula una domanda.

In tutti i miei lavori c’è una forte presenza della voce fuori campo e, certo, le parole le scelgo con molta cura. Scrivo e riscrivo, ci penso la notte e al risveglio, in motorino, in metro, mentre mangio e in ogni altro momento. Parlo spessissimo del mio lavoro con le persone che stimo, durante il montaggio,  perché semplicemente non penso ad altro. La voce off porta avanti un ragionamento e conduce anche il pensiero emotivo dello spettatore. Deve essere sintetica, efficace, e deve sempre contenere la giusta dose di umorismo senza la quale, a mio parere, nessun ragionamento è credibile. Quello che avete notato sul suono, riguarda più l’emissione che la scrittura, e pure quella è frutto di un ragionamento ed è diversa in ogni film. In Viva zapatero era quasi cantata ad esempio, sarebbe lungo qui spiegare perché, ma c’è un perché.

La voce fuori campo ad ogni modo è sempre sopra la musica e il modo in cui recito è sempre molto legato alla musica. Ho studiato molto Carmelo Bene e l’ho sempre scopiazzato.

3. Qual è la linea portante del tuo film? Possiamo dire che c’è un protagonista? Che c’è una storia?

 È un film corale, come si dice. Ci sono una ventina di attori, ognuno dei quali interpreta più ruoli. Certo, ci sono personaggi più importanti di altri. Uno di questi, Gaspare Spatuzza, apre e chiude il film ed è un pochino più protagonista degli altri. Per quanto riguarda la storia, certo che c’è una storia. Una storia che si forma attraverso degli episodi. C’è una storia, e soprattutto c’è un arco narrativo che non può mancare in un film, che sia un film fatto di materiali inventati o presi dalla realtà o che sia un film fatto di materiali misti, come questo.

4. Quanto è cambiata la costruzione del film, dalla prima idea al film realizzato?

Ho scartato un paio di strade radicalmente diverse, prima di arrivare alla sceneggiatura che ho realizzato. Una volta scritta, in fase di riprese, ci sono state per fortuna molte idee e invenzioni che hanno migliorato le scene. Durante il montaggio, la parte del film composta da materiali di repertorio, grafiche e interviste girate da noi, è diventata più lunga di quanto non prevedessi.

5. La trattativa è certamente un atto politico, le polemiche sono già in corso. Quanto ti sei preoccupata che fosse anche un film godibile?

Non ne posso più delle polemiche strumentali e disoneste che animano i nostri dibattiti. In questo caso, se devo essere sincera, ho fatto questo film perché pensavo che fosse un argomento fondamentale, indubbiamente, ma soprattutto perché ero convinta che sarebbe venuto fuori un bel film. Ero molto emozionata dall’idea del dispositivo drammaturgico venuto fuori dopo mille tentativi e ragionamenti. C’è stato più di un momento in cui ho pensato “ma chi me lo fa fare”. È sempre stata l’eccitazione per l’idea che avevo in testa, la sua godibilità appunto, a farmi arrivare fino in fondo.

6. La WGI fa queste interviste per coprire un vuoto d’informazione. Di solito, ai festival si dà poca attenzione alla scrittura. Che ne pensi di questa abitudine?

Di solito si fa attenzione solo a quello che detta il marketing. È raro che il marketing punti sulla scrittura, ma ogni tanto succede. Quando dall’alto arriva l’ordine di dare molto spazio a un film su cui c’è poco da dire, ad esempio, la disperazione di chi deve scrivere porta perfino a parlare di scrittura.

Qualsiasi cosa vada contro la logica del marketing, ovvero della manipolazione e della strumentalizzazione di sé e del prossimo, è interessante e portatrice di rinnovamento. Porre le domande che fate voi non è andare contro la superficialità o la disattenzione, è andare contro un’ideologia che ci sta togliendo la gioia di vivere e perfino la gioia di realizzare un film.

Grazie per le vostre domande, quindi, e per il vostro lavoro.

7. Grazie a te, per averci risposto con tanta cura.

Intervista a cura di Giovanna Koch
Sinossi in inglese a cura di Claudia Di Paolo