Vinicio Canton a Bruxelles

 

Il rinnovo della FSE:

la pressione politica sulla UE, il premio europeo degli sceneggiatori, il nuovo board

 

 

21 settembre 2015. Oggi sono tornato nella ridente Bruxelles per scoprire il significato di “primo giorno di autunno” ad una latitudine che lo meritasse. Risultato: freddo porco e pioggia. En passant, dato che c’ero ho partecipato a due eventi organizzati da FSE, la federazione europea degli sceneggiatori di cui WGI è parte.

  • FSE incontra Julie Ward

Il primo evento è stato un pranzo nel palazzo della Commissione Europea, al quale ha partecipato Julie Ward, parlamentare europea britannica con un passato da attrice e scrittrice. Alla mangiata a sbafo hanno partecipato anche una pletora di assistenti parlamentari, tutti sui trent’anni, che per ammissione della Ward sono più importanti dei parlamentari stessi. L’incontro è servito, oltre che a scroccare il cibo, a creare i contatti tra i rappresentati delle Guild, compresa la nostra, e alcuni politici seduti nelle varie commissioni che in qualche modo decidono sul nostro futuro. La Cultura – ca va sans dire – ma anche i Media (la commissione si occupa pure dell’energia, già che c’erano potevano dargli pure i trasporti) e il digitale.

Ward è molto sensibile alle nostre rivendicazioni, perché con il suo passato sa perfettamente di che cosa parliamo e ha fatto un discorso molto accorato rispetto alle remunerazioni ridicole (per non dire peggio) ed alle condizioni di lavoro terribili che gli sceneggiatori di tutta Europa devono subire. Però non ha nemmeno nascosto che a livello di Parlamento, Commissione e commissioni varie questi argomenti non è che trascinino folle di parlamentari in piazza per farci aumentare le paghette. Insomma, arrivare a delle linee guida a livello legislativo europeo sarà un percorso lungo e difficile (e non è nemmeno detto che arrivi fino in fondo, ma la volontà di qualche parlamentare almeno c’è). Resta il fatto che il problema c’è ed è condiviso: le politiche produttive stanno depauperando il lavoro degli autori dell’audiovisivo ed in particolare quello degli sceneggiatori.
Il problema è che in questo momento l’attenzione è focalizzata sul mercato unico digitale e altre amenità e quindi sarà difficile che l’argomento “fateci campare del nostro lavoro” trovi lo spazio che meriterebbe.

  • FSE Screenwriters Award

In serata è stato il momento del primo FSE Screenwriters Award. In modo analogo a quello che facciamo noi con le interviste e con gli interventi per valorizzare il mestiere di sceneggiatore, il board FSE ha deciso che da quest’anno andava istituito un premio per uno sceneggiatore europeo che restituisse agli scrittori dell’audiovisivo il ruolo che compete loro.
Il motto del premio, molto azzeccato (ma mi ricorda qualcosa e sono tentato di chiedere i diritti come WGI) è: somebody wrote it (qualcuno lo ha scritto).

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La cerimonia si è tenuta nel castello di biancaneve, sovrastato dalle torri vetro e acciaio di Die hard 1. Eravamo nella sede di rappresentanza della Baviera, che ha anche sponsorizzato con una discreta cifretta l’evento (una regione della Germania, ricca quanto si vuole ma pur sempre una regione). Tralasciando i commenti architettonici (ma non ho mai visto tanti sceneggiatori scattare la stessa foto), la serata è filata via liscia con i saluti dei vari politici tedeschi, l’intervento di Caroline Otto – sceneggiatrice e nel board FSE, che si è sbattuta per riuscire a organizzare (benissimo) questo premio – e poi la premiazione, con il preludio di un bel discorso di Sven Baldvinsson, presidente FSE fino a mercoledì, che mi faccio mandare via email e poi traduco perché ne vale la pena.
Il primo screenwriters award l’ha vinto Adam Price, autore danese e creatore di Borgen: serie fichissima, venduta in ottanta paesi, successo internazionale… ma come cazzo è che questi quattro vikinghi spazzano tutti i premi e se li meritano pure? Adam l’ha spiegato in maniera molto semplice. Dice che anni fa, quando ha pitchato la prima volta “Borgen” la responsabile del prodotto della TV pubblica danese ha storto un po’ il naso: “parlare di politica, in prima serata… secondo me dovresti spingere un po’ di più, avere più coraggio, esagerare. Poi se va male comunque a svedesi e norvegesi riusciamo a piazzargliela.”
Ricapitoliamo: la DIRIGENTE della TV PUBBLICA dice a un AUTORE: “DACCI DENTRO, ESAGERA, SPINGITI OLTRE“.
Ecco, così questi vincono i premi. E se li meritano pure.
Poi c’è stato il buffet (birra a fiumi, ma una weiss non di altissimo livello), ho preso qualche altro contatto, ha smesso di piovere ed ha iniziato a diluviare.

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  • Assemblea generale FSE

Bruxelles, giorni due e tre.
Dopo l’entusiasmante lunedì siamo tornati ad attività meno ludiche e ci siamo immersi nell’assemblea generale di FSE. Il tempo non ha aiutato: pioggia torrenziale e freddo allucinante ispiravano più penniche ad oltranza che riunioni fiume sulle condizioni contrattuali degli sceneggiatori europei, ma ormai c’eravamo…

Il lavoro degli ultimi due anni del board uscente ha prodotto il papiello che trovate qui, nel quale si analizzano i temi caldi per tutte le associazioni sindacali europee: remunerazione del lavoro e diritti. Detto in due parole: la situazione è difficile dappertutto (ma lo spirito combattivo resta intatto).

Per contare qualcosa a Bruxelles e farsi prendere in considerazione dalla pletora di parlamentari, assistenti, commissari necessari a far presente che esistiamo anche noi sono necessarie due cose: soldi e denaro. E considerato che FSE manco ha offerto la cena del lunedì perché non ci sono fondi, immaginate quanto peso possa avere, da sola, in ambito di Parlamento e Commissione. Quindi negli ultimi due anni sono state strette delle alleanze strategiche.

I partner naturali sono stati FERA (la federazione dei registi) e SAA (la federazione delle collecting companies). Se vi state chiedendo che interessi comuni possano avere gli autori e le collecting companies (viste anche le nostre esperienze nazionali) siete sula strada giusta. La risposta è: nessuno. Sintetizzando il cahier de doléances esternato in irlandese stretto dal segretario David Kavanagh, SAA ha ottenuto il nostro appoggio su delle iniziative di suo interesse, ma quando poi si sarebbe trattato di restituire il favore si sono improvvisamente ricordati di avere lasciato il gas acceso e la macchina in doppia fila e si sono prodotti in una ritirata strategica lasciando FSE (e FERA) piuttosto spiazzati.
Il motivo di questo tradimento si spiega in modo abbastanza semplice: SAA sostiene (anche) gli interessi degli editori, che su diritti e remunerazione sono in aperto conflitto con quelli degli autori. E quindi, per evitare casini interni, semplicemente non prende posizione.
Preso dal panico e vinto dal senso di colpa cattolico che mi accompagna come un’ombra appena varco i confini nazionali, col capo cosparso di cenere mi sono assunto ogni responsabilità, immaginando che dietro a questo voltafaccia ci fosse la SIAE (autori ed editori, per l’appunto). E invece no. A far defilare SAA sono state le pressioni della collecting tedesca che ha lo stesso conflitto interno. Dopo lo scandalo Volkswagen, questa ennesima buona notizia mi ha permesso di guardare dall’alto in basso i rappresentanti teutonici presenti.

Comunque, il board in questi due anni si è sbattuto abbastanza ed è riuscito ad ottenere un prossimo incontro con Martin Schultz (quello a cui Berlusconi con grande lungimiranza ha dato del kapò e che adesso presiede la commissione). Quando ci saranno notizie sull’esito vi riferisco.

Si è passati poi a farsi un po’ di pompini a vicenda per l’ottimo esito del FSE screenwriter award, che in effetti è andato molto bene. Considerato che organizzazione e soldi ce li hanno messi quasi tutti i bavaresi (senza peraltro far vincere il premio alla loro candidata), i colleghi della Germania si sono ripresi il ruolo di guida morale (e soprattutto materiale) d’Europa dopo la piccola defaillance descritta appena sopra. A quel punto il rappresentante polacco aveva già indossato l’elmetto.

La reazione dei francesi è stata come sempre composta. Visto che stanno organizzando la prossima conferenza mondiale degli sceneggiatori a Parigi per l’Ottobre 2016 e che le cose pare procedano spedite, si sono limitati a sfidare i tedeschi a chi ce l’ha più lungo. Risultato al momento sub judice.

La conferenza parigina, comunque, sarà un momento importante. Il tema scelto è la libertà di espressione e si sta facendo di tutto per contattare anche organizzazioni e sceneggiatori di paesi che non hanno partecipato alle conferenze precedenti. L’Asia e l’America Latina, in particolare, sono piuttosto scoperte in quanto a rappresentanza. C’è ancora tempo, ma non moltissimo e se qualcuno ha rapporti personali con colleghi o organizzazioni di queste due aree geografiche faccia un fischio e vediamo di dare una mano ai cugini d’oltralpe.

Il centro dell’assemblea, comunque, è stata l’analisi delle questioni legislative europee. Come sapete questo e il prossimo sono anni delicati per quanto riguarda le normative sui diritti d’autore (nel senso più esteso). Ansip, Ottinger, Reda e altri stanno lavorando alle nuove regole, partendo da posizioni abbastanza distanti, ma soprattutto tutti diretti a mete decisamente incompatibili tra loro. Sembrerebbe una fortuna (visto che qualsiasi cambiamento proposto sembra peggiorare lo status quo), ma in realtà questa conflittualità avvantaggia i gruppi di pressione più forti, che nella divisione trovano terreno fertile per suggerire emendamenti e plasmare regolamenti.
Siamo sempre lì: si parla di diritto d’autore e si finisce per sollevare decine di eccezioni che di fatto ne riducono la portata e l’estensione. Geolocalizzazione, portabilità, territorialità digital single market: i temi centrali sono sempre quelli. I cambiamenti sono anche concettuali. Ansip, in particolare, sta cercando di ribaltare l’onere della prova su chi difende i confini digitali nazionali. Chiede, di fatto, di giustificare i motivi per cui esiste un geoblocking europeo sui contenuti, invece di spiegare – come dovrebbe – perché lui vorrebbe eliminarlo e come pensa debbano poi essere affrontate le questioni economiche conseguenti a questa liberalizzazione (insomma, se saltano gli acquisti di diritti paese per paese, a noi chi ci paga? Ah, non è previsto pagamento? Ok, ora è tutto molto più chiaro. Se mi passa quella scopa me la infilo ecc. ecc.)

Il vantaggio è che la materia è talmente complicata che sono stati presentati oltre 700 emendamenti alla prima proposta di Legge e di fatto i legislatori sono bloccati perché scrivere un testo su questi argomenti è un vero casino. Onorevole, serve mica uno sceneggiatore?

Finito il primo giorno di assemblea siamo andati a cena tutti insieme. Si è parlato delle rispettive situazioni nazionali in incontri bilaterali totalmente casuali e dipendenti da chi ti trovavi accanto al tavolo. Io ero circondato da Austria e Polonia. A fine cena: X-factor. Da un po’ di tempo in qua, per cementare il gruppo, qualcuno si è inventato che ogni rappresentante nazionale deve cantare qualcosa. Dopo la figura devastante a Varsavia, dove sono stato costretto a cimentarmi in “Volare” tre ottave sopra i miei limiti, stavolta sono partiti tutti a chiedermi “O sole mio”. Io ho resistito e li ho costretti a farmi la seconda voce su “Quel mazzolin di fiori”. Successone.

Martedì è stato sfruttato per consentire a chi lo desiderasse di raccontare gli sviluppi delle lotte sindacali nel proprio paese. Ci sono stati dei report interessanti da Norvegia e Olanda. Sintetizzarli qui non sarebbe facile, forse nemmeno utile. Sono rimasto d’accordo con molti colleghi che poco alla volta li intervisteremo per avere alla fine un quadro chiaro a tutti sulle condizioni di lavoro, sullo sfruttamento dei diritti e così via. Il primo intervistato sarà Sven, presidente uscente di FSE (ma abbiate pazienza, che mettere su ‘ste cose richiede tempo).

Alla fine abbiamo votato per il rinnovo del board. Sven non si è ricandidato e come lui Stan (il tesoriere, bulgaro e molto simpatico. Tranne quando ti chiede i soldi). Il nuovo board è formato da:
Robert Taylor, inglese, già batterista dei Queen e ora avvocato. Era il vicepresidente e ora è stato eletto presidente.
Jean-André Yerles, francese, sceneggiatore. Lo conoscete perché era venuto alla prima assemblea di WGI.
Carolin Otto, tedesca, sceneggiatrice.
Maciej Karpinski, polacco, che due anni fa non era stato eletto.
Monica Borracco, norvegese.

Personalmente avevo votato Carolin per la presidenza, dopo una chiacchierata con Jean-André, che nel board ci è da due anni e come me avrebbe preferito un presidente che fa lo sceneggiatore e non un avvocato incidentalmente iscritto a WGGB perché nella sua vita ha anche scritto qualcosa. Il problema è che Robert is fucking good quando deve parlare e ha stracciato Carolin nel discorso di candidatura. But now Robert is my president! (hai visto mai che dovesse leggere questo post…)

Vinicio Canton