Lettera ai 100autori

Roma, 3 agosto 2012

A:  Stefano Rulli, Presidente 100 Autori

     Nicola Lusuardi, Coordinatore 100 Autori

Caro Stefano e caro Nicola,

l’avvocato Scorza ha steso un ultimo parere sulla questione licenza/cessione del web che vi allego.

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Vorrei invitarvi ad uscire dal trip del legalese e a fare un po’ il punto tra noi sulla questione del Turning point e della Guild.

Per poter procedere su questa strada, bisogna lavorare prima di tutto sull’unità della categoria degli sceneggiatori. Del resto è l’unica categoria che può davvero unirsi.

I documentaristi – come ha dimostrato l’estrema debolezza del loro Turning Point – non possono costituire davvero una categoria perché comprendono al loro interno una molteplicità di categorie diverse (dai registi ai produttori) e sono sparsi territorialmente in piccoli nuclei. In più il loro prodotto “conta” poco.

Dei registi sapete e sappiamo l’estrema polarizzazione e difficoltà di coesione su punti di contratto.

Gli sceneggiatori hanno il grande vantaggio di avere condizioni di lavoro sostanzialmente simili e tipologie di contratto quasi identiche tra il cinema delle grandi produzioni e la televisione. Restano un po’ più ai margini il cinema delle produzioni indipendenti e le soap, che condividono però – come abbiamo visto – gli identici problemi sulla questione della cessione dei diritti.

Gli sceneggiatori sono l’unica categoria che ha speranza di unirsi. Ve lo ripeto come un mantra perché è l’unico passaggio che manca in Italia. E c’è di peggio.

Gli sceneggiatori sono l’unica categoria che DEVE unirsi se non vuole essere spazzata via a breve dal mare magnum delle nuove piattaforme e dei nuovi attori del mercato televisivo che verrà: a fare la differenza, anche sui compensi, sarà l’espansione del web e del VOD.

Siamo già in ritardo. Senza una categoria unita con un’unica associazione a rappresentarla sul piano sindacale, non conteremo presto più niente.

Come SACT sentiamo questa fretta e ci siamo buttati nello sforzo di attuare quest’unità. Abbiamo trovato una bandiera (i 10 punti) che è stata riconosciuta portatrice di identità. Abbiamo cominciato a iniettare urgenza, solidarietà e confronto con la base allargata e abbiamo cominciato ad ottenere risposte.

Siamo convinti che le vecchie associazioni (Anac, Sact e 100autori) siano – proprio per la loro nobile storia – d’intralcio al nuovo: hanno una storia alta, vantano un linguaggio autoriale e s’identificano di fatto con una sola parte politica del paese, che anni fa era progressista, ma oggi è immobile.

Le categorie sono cambiate: l’identità del nostro mestiere è passata da essere identità culturale a diventare identità di prodotto. E’ il prodotto tout court (non i suoi contenuti, non la sua nazionalità) che qualifica sia la nostra professionalità, che la sua vendibilità, la sua resa, la sua efficacia.

Per questo, abbiamo subito definito l’associazione che deve raccogliere l’unità della categoria, una GUILD. Perché nessuno pensa alle Guild anglosassoni come forze politiche, unificate da scelte morali: li pensiamo come forze sindacali unificate dal loro prodotto.

Sentiamo che questo col proprio prodotto è l’unico legame che tutti gli sceneggiatori sono disposti a condividere e sul quale è facile far emergere un accordo. Non gli vogliamo più chiedere di essere bravi, intelligenti, colti, allineati: non gli vogliamo più chiedere nemmeno di essere competenti. Gli vogliamo chiedere invece di aver coscienza del fatto che il loro lavoro sta per morire nelle forme in cui lo conoscono e che diventerà qualcosa che ancora nessuno sa. Gli vogliamo chiedere di vivere insieme questa trasformazione, di cavalcarla, di affrontare lo tsunami su una zattera comune invece di nuotare da soli.

E’ un cambiamento epocale della categoria che nella coscienza di molti singoli è già in atto: la crisi, la sciocca resistenza di Anica e Apt, hanno lavorato per noi.

Questo dobbiamo considerare quando affrontiamo la nascita della Guild e le questioni giuridiche ad essa legate.

E per questo noi sentiamo indispensabili alcuni elementi.

  1. Che si chiami Guild nel senso che abbia una forma giuridica largamente democratica e sindacale. Gli sceneggiatori devono pensarla una forza LORO, in cui riconoscersi e che li rappresenti.
  2. Che si possa mettere in piedi in fretta: siamo in tremendo ritardo.
  3. Che non abbia uno start up costoso: siamo tutti poveri.
  4. Che sia specifica di categoria: i soci vanno definiti come scrittori (e non come autori, espressione troppo generica che finisce nel vago del passato)
  5. Che sia libera dalle associazioni che l’aiutano a nascere e che devono – per così dire – poter espellere la funzione sindacale e sviluppare il loro ruolo di associazioni culturali.
  6. Che nasca da una massiccia campagna d’incontri per ottenere il massimo dei partecipanti: ogni sceneggiatore deve essere raggiunto singolarmente, deve poter dire il suo sì o il suo no, si devono raccogliere le sue motivazioni per eventualmente correggere il tiro e raggiungere il numero necessario.
  7. Che mostri la franchezza della sfida: gli sceneggiatori devono sapere che il loro sì o il loro no faranno la differenza, non solo per loro, ma anche per i colleghi. E che siamo da soli, che non ci saranno “papà” politici a difenderci.
  8. Che abbia la sua forza nella coesione: l’adesione deve portare a comportamenti precisi nei confronti dei colleghi (codice deontologico)
  9. Che chieda la condivisione dei contratti in modo protetto: la necessità quindi di un GARANTE (il lettore di contratti per verificare i 10 punti) che sia estraneo al sistema e non abbia interessi privati con le figure coinvolte (autori o produttori).
  10. Che si prospetti come struttura di solidarietà, proiettandosi al fianco dello scrittore nelle sue necessità future non solo contrattualistiche (e cioè riscossione credito, prestiti, collecting)

 …

A noi va bene che la Guild sia associazione solidaristica la cui governance sia esclusivamente di sceneggiatori soci perché:

–   è rapida da creare

–   è snella (tutti i servizi vengono affidati all’esterno)

–   è pronta a crescere (l’aumento dei servizi – fosse anche la collecting – non ne modifica la struttura)

–   è trasparente (l’assenza di un manager INTERNO la garantisce da interessi economici e/o speculativi di terzi)

–   è rispettosa della specificità del singolo perché affida la verifica di 10 punti a un GARANTE esterno all’associazione stessa (e quindi SOSTITUIBILE se dovesse sgarrare), con doveri di privacy e qualità (trasparenza, assenza di conflitto di interessi) propri e non sovrapponibili a quelli dell’associazione

–   è sostanzialmente democratica e capace di rappresentare una categoria

–   è più economica certamente nello sturt up e potenzialmente nella sua gestione.

–   è comunicabile come una realtà che si conosce e non come un esperimento tipo trust o società di loan out ecc.

Scusate se mi sono dilungata, ma vorrei che la nostra convinzione fosse ben chiara. Soprattutto perché vorremmo ascoltare fino in fondo la vostra.

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Un abbraccio e a presto,

Giovanna e il direttivo della SACT

La risposta dei 100autori

3 ottobre 2012

Turning Point è una battaglia che 100autori ha intrapreso con impegno e convinzione, e senz’altro con l’intenzione di portarla avanti, nella consapevolezza che l’autodeterminazione sia una strategia di lotta nuova, spiazzante, e che possa essere molto efficace, se portata avanti con coscienza, serietà e spirito assolutamente unitario.

Siamo tutti coscienti che l’unità è fondamentale, soltanto uniti siamo riusciti a vincere delle battaglie importanti.

Tutti insieme abbiamo stabilito che Turning Point ora deve darsi un obbiettivo più ambizioso: rendere vincolante per gli autori l’adesione ai 10 punti, mettere in condizione un Ente esterno di aggredire legalmente l’avversario, è una dichiarazione di guerra al sistema.

E in questa guerra i produttori e i network, che ne hanno i mezzi, scateneranno contro di noi un esercito di legali. Questa è la prima ragione per cui non crediamo affatto che si possa abbandonare il legalese. Anzi.

Sempre considerato che lo strumento giuridico perfetto non esiste e che la piena certezza di una protezione inattaccabile non sarà probabilmente mai possibile, siamo comunque convinti che dobbiamo dotarci dello strumento più avanzato e sicuro che il nostro sistema giuridico ci metta a disposizione, anche se questo dovesse richiedere tempi, investimenti e impegno maggiori.

Il parere dei nostri legali sullo strumento della licenza è categoricamente negativo e questo ci obbliga a ulteriori approfondimenti. Riteniamo infatti che l’importanza di questa battaglia non ci consenta di rischiare una sconfitta “banale” di fronte a una controparte messa in condizione di smontare il nostro contratto con un po’ di ‘legalese’.

Perdere questa battaglia non solo distruggerebbe qualunque possibilità di conquistare condizioni di lavoro certe per gli autori ma disperderebbe in un soffio la credibilità, l’unità e la forza di aggregazione conquistate finora dalle nostre associazioni, con ripercussioni molto gravi sugli interessi generali degli autori (sceneggiatori e registi, di cinema, fiction, documentario e cartone animato) di cui tutti, indistintamente, abbiamo bisogno per rendere politicamente reale e quindi efficace qualunque azione pensiamo di intraprendere.

Il Direttivo dei 100autori