Scrittori a VeneziaWriters
La Writers Guild Italia è nata con il preciso intento di valorizzare e di far rispettare, sotto ogni aspetto, il lavoro professionale degli sceneggiatori e quindi anche la loro immagine pubblica. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, raccoglie e diffonde la voce degli sceneggiatori italiani, per tentare di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori vengono penalizzati dalle comunicazioni dei festival e degli organi di informazione.

 

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SCRITTORI A VENEZIA

Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori italiani presenti con le loro opere
alla 70° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (28 agosto-7 settembre 2013).

 

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DAVIDE LANTIERI

Davide Lantieri è sceneggiatore con Gianni Amelio di L’intrepido. Il film è in concorso nella sezione principale Venezia 70 e verrà proiettato oggi, 4 settembre, nella Sala Grande e al PalaBiennale.

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Caro Davide, la solita sfida: il pitch in quattro righe.

È la storia di un uomo che tira a campare facendo il “rimpiazzo”: sostituisce chiunque si assenti momentaneamente dal proprio posto di lavoro. Un mestiere che ancora non esiste, ma che potrebbe nascere a breve e che fa compiere al protagonista un viaggio nel lavoro di oggi, ultra precario, moderno e barbaro allo stesso tempo. Questa è l’idea di partenza. Poi, ovviamente, ci sono le relazioni tra i personaggi e i sentimenti, che scaldano questo paradosso teorico rendendolo una storia di carne e sangue.

La storia dell’idea: da chi è nato il soggetto, come è stato condiviso con regista e produttore?

L’idea è del regista. Gianni Amelio. Sette pagine scritte di suo pugno, in cui erano già chiari il protagonista, il tono e il finale. C’era bisogno di un altro autore che portasse freschezza, idee ed entusiasmo: il produttore, che mi conosce dai tempi de “I primi della lista”, ha fatto il mio nome. Io di entusiasmo ne ho sempre parecchio e le idee sono venute fuori con grande naturalezza. Lo spunto di partenza era molto fertile e poi il personaggio l’ho sentito subito vicino. Per certi versi mi somiglia e quando è così, è più facile.

Quali sono i punti di forza di questa storia?

Un funzionario Rai, dopo la proiezione interna, ha definito “L’intrepido” un film che dice cose importanti senza prendersi troppo sul serio. Non ho ancora trovato una definizione migliore. Raccontiamo il lavoro oggi in Italia e ovviamente non c’è da stare molto allegri. Ma lo sguardo del nostro protagonista è quello di Charlot, di Marcovaldo. Antonio Pane è sveglio senza essere cinico, tenace ma anche ingenuo. Il suo inguaribile ottimismo ci ha permesso di evitare facili denunce e ancor più facili visioni apocalittiche, e spero strapperà più di qualche risata al pubblico, come l’ha strappata a noi in scrittura.

A quale pubblico (se c’è un pubblico particolare) pensavate di rivolgervi.

È una questione che non ho mai affrontato, né per questo film né per i precedenti. Quando racconti qualcosa che ti piace, speri che raggiunga più gente possibile. Poi , è chiaro, un conto è il pubblico televisivo, un altro quello delle sale del centro o delle multisale. Credo sia compito di chi mette i soldi far presente a chi scrive certe cose. E credo anche che più soldi si mettano in un film e più questa domanda diventi dirimente. Nella realizzazione de “L’intrepido” la libertà artistica è stata pressoché totale, merito della fama e dalla bravura di Amelio, ma anche dell’intelligenza del produttore, Carlo degli Esposti. I limiti economici invece ci sono sempre, ma di solito sono proficui, aguzzano l’ingegno, a patto che non siano davvero insormontabili.

Parlaci della tua avventura professionale con questo film.

È stata una faticaccia, ma molto entusiasmante e piena di sorprese. Riscrivere dopo i sopralluoghi fatti insieme al regista e allo scenografo ci ha permesso di dare una profondità sorprendente alle scene. È una follia non coinvolgere lo sceneggiatore nella scelta delle location.

Come sceneggiatore pensi di essere riuscito ad esprimere ciò che volevi in questo film?

Temo di andare contro corrente, ma ritengo che compito dello sceneggiatore sia aiutare il regista a realizzare il suo film al meglio. Io mi sento un collaboratore, molto importante certo, ma che in fondo fa un lavoro simile a quello del montatore, del direttore della fotografia e di tutti gli altri capireparto. Offrire possibilità, ipotesi, alternative. L’ultima parola spetta sempre al regista. Poi, quelli bravi scelgono le idee migliori e, se sono tue, te ne riconoscono il merito. Altri, invece, se un’idea non è loro non la prendono nemmeno in considerazione. Ma di solito sono quelli meno bravi.

A che punto della tua carriera arriva “L’intrepido”?

È il mio terzo film come sceneggiatore, ma ha rappresentato una svolta sotto molti punti di vista. È la prima volta che non scrivo una commedia tout-court, la prima volta che lavoro con un regista di un’altra generazione, che seguo il lavoro sul set e che un mio lavoro sarà distribuito con un numero di copie ragionevole.

Che cosa ti ha dato professionalmente?

È stata una vera e propria palestra perché Amelio, prima di essere un grande regista, è un grande sceneggiatore, preparatissimo e molto esigente. Abbiamo riscritto ogni dialogo infinite volte e anche sul set. È stato estenuante ma ne è valsa la pena.

Ti sei sentito rispettato nel tuo ruolo? (rapporti con il regista, con la produzione…)

Assolutamente sì.

Vai a Venezia? Ti ha invitato il festival? Ti ha invitato la produzione?

Mi hanno invitato, ma sinceramente non so chi.

L’ufficio stampa ti ha invitato alle presentazioni, conferenze stampe, prime proiezioni per la stampa?

Il film esce il giorno dopo la presentazione al Lido. Sta accadendo tutto molto velocemente e purtroppo non sto seguendo il lancio pubblicitario.

Non c’è un Leone alla sceneggiatura. C’è solo un  premio anonimo alla sceneggiatura benché conferito dalla stessa giuria dei Leoni. Che ne pensi?

Non so quale sia la situazione degli altri festival ma è evidente che in Italia ci sia scarsa consapevolezza del ruolo dello sceneggiatore. Tra amici e parenti c’è ancora chi pensa che io sia uno scenografo che scrive scenografie.

Qual è la tua relazione prevalente nei confronti dei tuoi colleghi sceneggiatori?

Quelli con cui ho lavorato si sono sempre rivelati delle persone ragionevoli e stimolanti ed è stata una fortuna, perché se non si crea una buona atmosfera il lavoro ne risente. Per il resto, c’è poco lavoro e tanta concorrenza e questo a volte rende difficile concepirsi come categoria.

L’intervista è a cura di Aaron Ariotti.

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Davide Lantieri has written together with Gianni Amelio (director) “L’intrepido”. It competes in Venezia 70

Let’s start with your pitch. 

It’s the story of a man who takes the place of anyone who has absented himself from work. Then obviously there are relationships between characters and feelings who give life to this theoretical paradox and turn it into a blood and tears story.

Where did you get the idea for your story?

Amelio had the starting idea. Another writer was needed to bring freshness, ideas and enthusiasm and Carlo Degli Esposti, the producer, who knows me since  “I primi della lista”, called me. The starting point was very fertile. And from the very beginning I felt the main character very close. Somehow we are alike and so everything came easy.

Which are the key points of the story and why do you think it works.  

After a screening, a Rai official said that “L’intrepido” tells about important things without taking itself too seriously.  I have not found yet a better definition.

Did you feel that your professional competence has been respected by the director and the production.

Artistic freedom has been almost total, thanks to the fame and the cleverness of Amelio but also to the intelligence of the producer. There are always the film costs limits but, if there are not too heavy, they sharpen one’s wit.

What is the most important to you in your work?

I know I will go against the general trend but I do think that a scriptwriter’s duty is to help the director in making his film at his best. I see myself as a collaborator, important certainly, but still a member of a team like the editor, the cinematographer etc… I have to offer possibilities, options but the last word is the director’s.

How was your professional adventure in this film?

It has been a real training ground because Amelio is not only a great director but also a great scriptwriter, very competent and very demanding. For example rewriting, after the locations survey, has put ourselves in the right condition to give scenes a surprising depth. It’s sheer folly not to allow a scriptwriter to say what he thinks about the choice of locations. Moreover, we have rewritten dialogues many many times, also during shooting. It has been exhausting but very rewarding.

There is no Lion for best screenplay. Only an anonymous award, although voted by the International Jury.  

I don’t know the situation of other festivals, but it is sheer evidence that in Italy scriptwriters are not considered as they deserve.

La sintesi dell’intervista e la sua versione inglese sono a cura di Jean Ludwigg.

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