Scrittori a VeneziaWriters

La Writers Guild Italia è nata con il preciso intento di valorizzare e di far rispettare, sotto ogni aspetto, il lavoro professionale degli sceneggiatori e quindi anche la loro immagine pubblica. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, raccoglie e diffonde la voce degli sceneggiatori italiani, per tentare di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori e le sceneggiature vengono penalizzati dalle comunicazioni dei festival e degli organi di informazione.

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  SCRITTORI A VENEZIA

  Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori italiani presenti con le loro opere alla
  71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (27 agosto-6 settembre)

 

Valentina Ferlan ha scritto I NOSTRI RAGAZZI, insieme con il regista Ivano De Matteo. Il film, tratto dal romanzo The dinner di Herman Koch, è stato presentato ieri, 4 settembre, alla Sala Perla nella sezione autonoma Le giornate degli autori ed esce oggi, 5 settembre, nelle sale cinematografiche.

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I nostri ragazzi

scritto da… Valentina Ferlan

La cena” (The dinner) was love at first sight. I just had a look at the back cover, went trough the first page and then and there I got the book. I finished reading it in two nights. I passed it to Ivano. Ivano gave it to the producers. We were all very enthusiastic about the project. So the decision was taken. Ivano and I always wanted to investigate family issues. Families can be mirrors of society on a smaller scale, this is what feels attractive to us. Koch’s approach, and her more “North-of-Italy” point of view, sounded very interesting to us. Our screenplays are usually very passionate, sort of “southern”. Her ability of dealing with topics like these in a more unemotional way did fascinate us. I was the one who paved the way doing the crucial, even the sore part of the work: fathoming out the whole book, taking it to pieces, leaving out parts and trying to make it our own thing… Ivano then stepped in for the reconstruction phase.

1. Valentina, subito il pitch.

Protagonisti sono due fratelli diversi fra loro sotto tutti i punti di vista, un avvocato di grido (Alessandro Gassmann) e un pediatra impegnato (Luigi Lo Cascio), che tradizionalmente pranzano insieme, con le rispettive famiglie, una volta al mese. Una bravata dei figli li costringerà a confrontarsi con un comune problema etico. Nel cast anche Giovanna Mezzogiorno e Barbora Bobulova.

2. Puoi raccontarci com’è nato il film e cosa vi premeva raccontare? Tu e il regista avete collaborato a partire dalla prima idea?

“La cena” (il libro di H. Koch da cui è stato tratto il film) è stato amore a prima vista. Ho dato un’occhiata alla quarta di copertina, poi alla prima pagina e sono uscita col libro nella borsa. L’ho letto in due notti. L’ho passato ad Ivano. Ivano ai produttori. Tutti ne eravamo entusiasti. Così la decisione è stata presa. Io e Ivano abbiamo sempre parlato di famiglie. Famiglie come emblema della società che spesso riproducono in piccolo. E ci interessava il modo di Koch (autore del libro) di avvicinarsi a queste da un punto di vista più “nordico”. Le altre nostre sceneggiature sono molto appassionate… la freddezza con cui lui riusciva a trattare gli argomenti ci ha affascinato. Sono andata avanti io per prima, a fare la parte più dolente del lavoro: scandagliare il libro, smontarlo, lasciarne per strada dei pezzi per farlo nostro… Ivano è poi arrivato per la ricostruzione.

3. Quanto è importante una stretta collaborazione fra sceneggiatore e regista per la riuscita di un film secondo te? Quella fra te e De Matteo è una collaborazione di lunga data. Si è evoluto il vostro modo di lavorare nel tempo? Se sì, in quale modo? Il tuo modo di precedere nella scrittura cambia a seconda che lavoriate insieme o che lavori con altre persone?

Credo che si possa lavorare in mille modi diversi. Ognuno il suo. A me piace lavorare con il regista ma devo dire che l’esperienza contraria non la conosco. Ho lavorato come sceneggiatrice da sempre con Ivano, ho avuto altre esperienze ma sempre con sceneggiatori che erano anche registi. Prima di tutti Sergio Citti che mi ha insegnato molto ed entrava a gamba tesa nella scrittura e poi con Emiliano Corapi. Io e Ivano abbiamo cominciato nel 1992 a teatro. All’inizio ero da sola a scrivere i copioni ma poi lui entrava in scena e cambiava e aggiustava e cuciva addosso le parole agli attori… quindi lo scrivere insieme è stato il passo successivo. Solitamente a Ivano viene l’idea, io lavoro su soggetto lui critica il trattamento, poi faccio una prima stesura di sceneggiatura e da lì entra lui con il dispotismo tipico dei registi. Però credo che l’autentica visione del film, nella sua completezza, l’abbia in testa lui, la custodisca fin dall’inizio. Quindi seguirlo mi viene naturale.

4. Quali pensi che siano i punti di forza della sceneggiatura di questo film? Ti sei ispirata a qualche modello o genere?

Il punto di forza di questa sceneggiatura secondo me è la sincerità. Nessun personaggio è costruito per piacere ma per “essere”. Alle volte abbiamo in testa una storia o dei dialoghi in modo che ci sembrano perfetti, poi i personaggi ti portano a dire, a scrivere altro. Ecco lì io capisco che la storia sta prendendo corpo ed è vera. Quando il personaggio ha più ragione di me. Forse per questo film l’atmosfera a cui alle volte ho pensato è quella delle sceneggiature di Atom Egoyan. Non perché ci sia un qualche riferimento specifico, no, ma per queste atmosfere come controllate… per la solitudine che sembra circondare ogni personaggio.

5. Quanto hai cercato di andare incontro ad un pubblico, nella scrittura del film?

Per la “gioia” dei nostri produttori non scriviamo mai per andare incontro al pubblico. Anche perché andremmo nel pallone tentando di essere buoni per andare incontro alle famiglie, cinici per gli intellettuali, moralisti per i benpensanti. Così abbiamo deciso fin dall’inizio di raccontare storie. Storie che catturiamo sempre dalla realtà che ci circonda e che quindi speriamo possano interessare anche gli altri che questa stessa realtà vivono insieme a noi.

6. Quanto è cambiato il copione sul set, rispetto allo script, e per quali ragioni?

Ivano lavora sempre con gli attori prima di iniziare a girare e quindi alcune variazioni vengono fatte in quella fase. Inoltre spesso scriviamo già pensando all’attore che reciterà quella parte e questo aiuta a far sì che i toni e il colore delle battute vestano bene l’attore che le indosserà in seguito. Ovviamente poi sul set, recitando, nascono risposte spontanee, sguardi rubati e questo personalmente lo trovo fantastico.

7. Eri presente sul set? Gli eventuali cambiamenti erano concordati fra te e il regista?

R: Sul set normalmente vado soltanto a divertirmi. E a portare dolcetti alla truppa. Quando Ivano inizia a girare io mi rilasso, tiro un sospiro di sollievo e mi distacco definitivamente da quello che abbiamo scritto. Sul set sono un’ospite curiosa, al cinema sono una spettatrice.

8. La WGI difende una categoria, gli sceneggiatori appunto, che in italia è molto poco tutelata e riconosciuta. Cosa ne pensi?

Sono figlia di sindacalista… quindi tutto ciò che ha a che fare con i diritti di una categoria, mi è famigliare. In questo momento sociale credo sia estremamente complicata la tutela di chiunque. Non c’è lavoro, quei pochi che ne hanno possono permettersi di pensare ai diritti e quelli che non ne hanno vorrebbero solo lavorare con o senza diritti. Perciò spesso, si accettano situazioni a cui, a livello teorico siamo contrari. La paura di non lavorare più ha la meglio. Come questo sia risolvibile, sinceramente non saprei. Per quanto mi riguarda, la mia fortuna è il non ritenere il mio lavoro la cosa più importante che possiedo e quindi avere la libertà di poterne fare a meno se non riesco a farlo come desidero. Farlo perché e finché lo amo.

9. Cosa ti aspetti da Venezia? Cosa pensi della situazione del nostro cinema in questi anni?

Venezia fa paura. È una gioia immensa ma fa paura. È come presentarsi a qualcuno e dirgli subito tutto di te, mostrarti senza pelle ed essere cosciente che in quel momento lui ti può fare qualsiasi cosa. Personalmente io poi sono terrorizzata da qualsiasi palco. Mi nascondo. Quando si tratta di esporsi… dico la verità… scarico tutto su Ivano che è la mia roccia. Questo è il bello di condividere altro, oltre al lavoro, poter dire: ti prego, vai tu! Venezia però è una grandissima possibilità e quindi non c’è paura che tenga. Per i film non commerciali, è la speranza. I festival sono un modo per far sopravvivere quel cinema che, se dipendesse esclusivamente dalle leggi di mercato, sarebbe morto. E non è giusto che muoia. Come non è giusto che chiudano le botteghe degli artigiani perché ora esistono i centri commerciali. C’è bisogno di entrambi. Servono a cose diverse. Ovviamente le botteghe vanno sostenute, aiutate. Ma ci guadagniamo tutti, anche quelli di noi che forse non ci entreranno mai. Io sono a favore dei fondi statali. Sono a favore del controllo dei fondi. Se hai qualcosa che reputi funzioni così così, la ripari, non la butti via. Il MIBAC mi sembra si stia muovendo in questo senso, stia tentando di controllare (ne abbiamo esperienza con il nostro “La bella gente”). E questo è un ottimo inizio. Credo però che si debba fare un grosso lavoro sulle nuove generazioni. Un lavoro necessario se si vuole che il cinema sopravviva. Bisogna allenare i bambini, i ragazzi, a vedere film di ogni tipo. Poi potranno scegliere. Ad oggi, se si entra in un cinema d’essai l’età media è di quarantacinque anni. Credo che manchi semplicemente l’abitudine. E poi sarei per una sorta di protezionismo. Un tot film stranieri equivale a un tot film italiani. Film finanziati dallo stato devono avere garanzia d’uscita. E poi spazi dedicati a loro. Non si può togliere un film che magari non ha avuto pubblicità alla prima settimana dalla sala. Se ne decide la morte così. Inutile averlo fatto. Non dovrebbero esserci film invisibili ma solo film che non sono riusciti ad avere successo.

10. Riguardo al tema caldo del Diritto d’autore, ti senti tutelato? Cosa cambieresti?

Per quanto riguarda il diritto d’autore non sono così ferrata da dare un’opinione che possa essere interessante o utile a qualcuno. Credo che però le leggi si debbano evolvere con la società che regolano. Internet ad esempio mi sembra sia ancora un Far West in Italia.

Intervista a cura di Franca De Angelis

Sinossi in inglese a cura di Claudia Di Paolo