Guild

Parte 1: UNA GIORNATA PARTICOLARE

Sono arrivata un po’ in ritardo e ho trovato un gruppetto di colleghi davanti al luogo X, un sontuoso palazzo dietro Torre Argentina. Conoscevo solo due tre persone, ma ci siamo salutati con tutti: ci siamo presentati, sorrisi, stretti la mano. Gli occhi brillavano. C’era aria nuova, arrivava il sentore già laggiù.

Siamo noi.

Vinicio ci ha fatto strada dentro l’androne col giardino interno, le scale, i corridoi con la boiserie del Settecento che è un po’ kitsch, sì, ma che lusso ‘sti palazzi. E poi, da una porticina ritagliata nella suddetta boiserie, siamo finiti in un ufficio ampio, luminoso, moderno, affacciato sui tetti di Roma.

Eravamo tanti. Molti di più di quanto mi aspettassi.

C’erano i colleghi che ho conosciuto in Sact e quelli che, invece, non ho mai visto. C’erano compagni di qualche corso di sceneggiatura, incrociati e poi persi: non li vedevo da tempo, ci siamo abbracciati. C’erano persone che conosco solo di nome, e amici, cari, con cui ho condiviso lavori e battaglie.

E poi, soprattutto, diciamocelo, c’era il logo della Guild. Dovunque: sugli schermi sparsi nella stanza, sulle cartelline, sui documenti, sulle spillette, sulle tessere. Minchia – ho pensato – qui si fa sul serio. L’aria nuova è esplosa. Forte, potente.

Infatti eravamo tutti allegri e fiduciosi. Mica tanto normale, per degli sceneggiatori. Non solo: eravamo un gruppo. Ancora meno normale, per degli individualisti come noi. Forse ci ha unito il rituale: ritirare i documenti, leggerli, firmarli, riconsegnarli. E poi, ancora, firmare il Manifesto grande, il Manifesto storico. Uno dopo l’altro, tutti. Un sacco di gente rideva.

Cioè, rideva: gente che ho sempre visto cupa e seria. Rideva. Sollevata. Eravamo tutti, sollevati.

E allora ho capito.

È il sollievo di chi ha buttato a mare la paura e ha scelto il coraggio. Il coraggio di cambiare le cose, veramente. Di alzare la testa, di voltare pagina, di mettersi in gioco in prima persona, di fare gruppo, di fidarsi dei propri colleghi, di dire NO quando è giusto farlo. Non siamo tutti? Pazienza, intanto siamo noi.

Siamo noi, che non siamo pochi, e abbiamo un Garante. Che, tra l’altro, vorrei dirlo, ha proprio una bella faccia: giovane, leale, che ispira fiducia. Insomma, lunedì è stata proprio una bella giornata, e allora volevo ringraziarvi, tutti. Perché io, da lunedì, sono un po’ più convinta che riusciremo a ottenere quello che vogliamo e che ci spetta. Che poi, parliamoci chiaro, non è niente speciale: si chiama RISPETTO, per noi e per il nostro lavoro.

Auguri, e avanti tutta!

Fabrizia Midulla