Il fatto: la RAI nei giorni scorsi ha mandato in onda un episodio della fiction “Una buona stagione” tagliando tutte le scene in cui era presente l’attore Ivano Marescotti, candidato alle elezioni europee nella lista Tsipras. Il nome di Marescotti è stato eliminato anche dai credits e dalle puntate successive. I tagli sono stati decisi unilateralmente dalla Rai per ragioni di “par condicio”.

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Non ci interessa tanto il MERITO, ovvero se l’interpretazione della legge sulla par condicio preveda effettivamente questo, quanto il METODO. Perché è proprio su questo che la RAI commette un grave illecito e lo commette non da ora, ma da anni.

Veniamo al punto. Al contrario della legge sulla par condicio che viene interpretata e applicata alla lettera dalla RAI, c’è una povera legge, la numero 633 del 21 Aprile 1941, che non gode dello stesso trattamento da parte del network.

Si tratta della Legge sul Diritto d’Autore.

In questa legge si afferma che il produttore prima di operare tagli o cambiamenti deve necessariamente informare gli Autori dell’opera che sono nell’ordine: l’autore del soggetto, l’autore della sceneggiatura, il regista e l’autore delle musiche. Non solo. Sempre la suddetta povera legge dice che il Produttore deve provvedere ad una visione del prodotto con gli stessi prima che questo venga trasmesso, in modo tale da garantire agli autori la possibilità “di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.” (art.20)

Dovrebbe essere fuor di dubbio che l’eliminazione totale di un personaggio che porta con sé un racconto, uno strand narrativo, delle scene, dei dialoghi e, se vogliamo essere romantici, delle emozioni può essere fatta solo con l’autorizzazione degli Autori che lo hanno creato.

Da quanto è emerso ciò non è accaduto.

E a dire la verità neanche ci sorprende più di tanto. Perché questa, in RAI e non solo, è ormai diventata un’abitudine, una prassi, una regola… Perché del prodotto “fiction” si fa carne di porco, come delle leggi… Ops, non di tutte le leggi però: quelle che tutelano la politica a quanto pare valgono di più di quelle che tutelano l’arte. Ora ci è chiaro.

Siamo certi che nessuno degli autori di “Una buona stagione” sia stato interpellato sui tagli in questione (per averne effettiva contezza chiederemo in tutte le sedi possibili di sapere come ha agito RAI); siamo certi anche della risposta che riceveremo: “vi sbagliate, RAI interpella sempre i suoi autori e i suoi autori sono sempre d’accordo” (e in allegato ecco una lettera di un povero autore X costretto, da un sistema viziato, ad affermare di essere stato informato perché se solo si azzardasse a dire il contrario non lavorerebbe più, e di questo siamo certissimi).

Ora vi chiederete come mai abbiamo tante certezze.

Le abbiamo perché dal mese di novembre 2013, tutti gli scrittori di WGI, proprio in aderenza alla Legge sul Diritto d’Autore, stanno chiedendo ai produttori di inserire una clausola nei contratti che li tuteli rispetto alla paternità morale dell’opera. La clausola è la seguente:

“L’opera oggetto del contratto è immodificabile in assenza di consenso da parte dello scrittore salvo quanto previsto dall’art. 47 lda e salva l’ipotesi nella quale essa non risulti conforme alle indicazioni circa i suoi caratteri essenziali concordate tra il produttore e lo scrittore al momento del perfezionamento del contratto o, comunque, in esecuzione del contratto medesimo. Resta salva la possibilità del produttore di procedere ad una rielaborazione creativa ed originale dell’opera oggetto del contratto a condizione che tale rielaborazione possa considerarsi opera autonoma ancorché rispondente alle medesime esigenze.”

La clausola finora è stata respinta nel 90% dei casi (il 10%, guarda caso, sono contratti esteri). Perché? Semplice. Perché dice di chi è un’opera. Un’opera è dell’autore. Non di chi la produce e la manda in onda. A questi soggetti appartiene solo il diritto di sfruttamento economico, null’altro. Difficile farglielo capire quando ci si lavora, quando arrivano dirigenti, capi struttura, editor, produttori delegati, lettori, uscieri… Che pensano che il prodotto sia loro, che la prima idea con cui si svegliano in testa la mattina vada inserita perché geniale, imprescindibile e in piena sintonia con la linea editoriale della Rete (che sono loro, ma non diciamoglielo!). Vere e proprie imposizioni sulla creatività di uno scrittore assoldato per eseguire il “dettato” della Rete senza fiatare o al limite fiatando pochissimo, senza disturbare il Genio all’opera, pena il mancato pagamento (vi ricordate la clausola ad approvazione? Le oltre 500 firme? Be’, quello schifo di clausola è tuttora presente in gran parte dei nostri contratti).

Perché mai a un network che agisce in questo modo dovrebbe venire in mente di informare gli autori che si sta facendo carne di porco di un loro prodotto? Gli scrittori hanno scritto quello che voleva la RAI, il regista ha eseguito gli ordini e il compositore delle musiche… be’, lui che ha da pretendere? Con garage band è un attimo sostituirlo…

Infine siamo certi anche di un’ultima cosa: che su questa vicenda andremo fino in fondo, faremo domande e cercheremo risposte perché sia chiaro a tutti, network e produttori, che non possono continuare a pensare che quello che mandano in onda è solo “Cosa Nostra”…

Nell’attesa di ottenere risposte a queste domande, apriamo le nostre pagine alla vostra riflessione sull’argomento.

Scrivete a: board@writersguilditalia.it

 

Per chi volesse approfondire, alcuni link sul “caso Marescotti”:

l’articolo del Corriere di Bologna con l’intervista all’attore;

l’articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano.

 

P.s. Per le querele rivolgersi al nostro Garante.