Bollettino n. 1

Non che avesse poi mollato la presa. Non era questione di volontà, ma di destino, di capriccioso gioco degli dei – o delle correnti in quota, volendo; vai a sapere.
Quel buco di oltre dieci gradi – dai 36 ai 20 – era inaspettato, anche se sognato, o meglio invocato, come solo la pioggia dopo la grande arsura sa esserlo. Ed ora, eccolo; era qui, nel nostro respiro.
Come si dice? “il benessere comincia dai pori” – ma che ovvietà; ma si, certo. A dire il vero tutto comincia dai pori. La vita è questione di epidermide, espansione del diaframma, occupazione di una porzione di spazio con una massa.
Ma, insomma; questo è il manuale delle istruzioni. Roba da guida pratica per capire. In realtà quel che sappiamo davvero non lo sappiamo. Lo sentiamo. E basta. Il resto è informazione che arriva – ma è pronta ad andarsene con la stessa velocità.
Perciò, ecco, siamo qui, oggi, e finamente sentiamo e – forse – sappiamo.
Siamo.
E’ che la chiarezza di pensiero ha bisogno di ben altro che l’applicazione nell’esercizio – della volontà (o pure senza). Quel che serve è il buco termico. Il cambio di paradigma.
L’ossessiva presenza di una realtà – specie se oppressiva – ammazza la limpidezza dello sguardo.
Varchi, ecco cosa cerchiamo. Buchi nella rete. Impigliati nelle nasse che costantemente il lavorio della vita ci costruisce attorno, cerchiamo di scampare alla morte. Anche se lo sappiamo bene, non si può.
E’ che il dio della morte ci toglie l’abitabilità del mondo, relegandoci ad uno spazio solo, al nostro schema, abituale. E’ così che la nostra terra diventa torre.
E invece, ecco. Arriva poi questo – che non fa nulla che già lo sai. O meglio lo dai come un dato acquisito perché ripetuto – dalle previsioni, dalle app, dai calcoli.
Ma noi, ecco. Non lo siamo. Quei calcoli là, quelle statistiche. No. proprio no.
Siamo ciccia nello spazio. Ecco.
E dunque apriamo il sorriso sghembo al sentire il primo refolo che sballa l’epidermide come ossitocina durante il parto. L’aria. Non la ricordavamo più. Maledetto dio della morte. Maledetta routine. Maledetto tempo dopo tempo.
Dunque va bene. Godiamoci il senso del benessere regalato. Ecco pèrchè gli dei. Ma certo che guardiamo le app. Ne abbiamo a decine sugli schermi. Ma dare agli dei il senso, questo è. Umanizzare il capriccio. Cercare uno schema.
“Felice chi ha i propri luoghi della durata, egli, anche se venisse portato lontano senza prospettive di ritorno nel suo mondo, non sarà più un esule” (Peter Handke. Canto alla Durata)
Abbiamo una prigione che ci prende tutto l’anno. E poi abbiamo questo: un temporale, un buco nella rete, un salto nel vuoto cercando di aprire le ali.
Ecco cos’è la Mostra del Cinema per noi.
Il temporale che abbiamo atteso tanto a lungo. L’aria che si rimescola in quota, e sotto, sul pelo del mare, fino a cambiargli colore.
Eccola, la Mostra del Cinema.
Il nostro Capodanno. Il nostro nuovo inizio. La festa orgogliosa di chi cerca venti su cui costruire traiettorie. Viaggi. Esplorazioni.
Ben tornata Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.
Sei il nostro luogo della Durata.




