Il bollettino dello scrittoreVenezia

Bollettino n. 2

Andrea Vernier,  sceneggiatore, socio e membro del Board della Writers Guild Italia, osserva e vive, dal nostro particolare punto di vista di scrittori, gli eventi della 80. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (30 agosto – 9 settembre 2023)

Diario di bordo. Giorno due. Tempo stabile.

Essere uomo di mare e allo stesso tempo uomo di guerra. Un dissidio all’apparenza impossibile.

Devi scegliere. Cosa perdi? Cosa tieni?

Essere un uomo di legge e allo stesso tempo un padre di figlia tossica che vive nell’illegalità. Cosa tieni? Cosa perdi?

Poco da fare, i film sono viaggi nella perdita. Tuffi nella scoperta del buio davanti a noi – o sotto i nostri scafi.

A volte sei perplesso dalle scelte di temi e controtemi, di impostazioni del cosa e del perché mettere in scena. Ma qui siamo al cinema. Sala buia e schermo grande.

I volti pensierosi, perplessi, ambigui degli attori qui diventano praterie su cui noi voliamo alti come poiane.  Gli dobbiamo volere bene, a questi attori. A questi lenzuoli delle nostre angosce e speranze.

Grazie. Per le vostre mille rughe. Per questa micidiale intimità.

Per quel che ci concedete. Per quel che vi rubiamo.

***

Coriandoli appiccicati al vetro del treno. Sembrava.

Sono cartelloni; tappezzano muri scrostati.

Li vedo di sfuggita mentre corro al battello dentro la calle assonnata e usurata.

E’ che l’alba favorisce cortocircuiti. L’assenza di sonno fa il resto. Così va per noi; cuciamo immagini, disegniamo percorsi. I più fortunati, ogni giorno.

Entri ed esci dalle sale. Buio pesto e luce accecante.

Resta sempre quella domanda: perché?

Ogni film è una scelta. Anzi: una serie di scelte.

Ognuno ha lasciato porti sicuri e si è alla fine buttato – che ne fosse convinto o meno.

Alla fine, la riuscita è storia da alchimisti.

Qui vedi storie, scelte di campo, strutture riuscite o non riuscite, buchi, folgorazioni.

La grande panna montata di una macchina-festival (pur tarata sulle frequenze di una Biennale d’arte Cinematografica) confeziona stupore e distribuisce sospensioni di incredulità ad ogni respiro. Fa il suo lavoro, insomma.

Nella folla pigiata all’ingresso della sala lì vedi bene. Spiccano.

Lui un po più alto della media. Lei pure.

Lei fasciata da un tubino multicolore lungo un kilometro. Lui da RayBan generazionali e ciuffo d’ordinanza.

Lui produce, Lei scrive.

Lui parla, Lei tace.

Lui gesticola, lei immobile.

Poi ogni tanto Lei dice qualcosa a lui. Come una zampata. Un richiamo. E lui subito torna all’ordine.

Sembrano prove d’orchestra.

Insomma una coppia.

Vediamo lo stesso film. A spanne calcoliamo, dopo la visione, che sarà costato un ventesimo del film di Costanzo.

La questione non è capziosa.

Quale dei due lavori ti ha lasciato qualcosa dentro? Il film mongolo. Un milione e qualcosa di spesa.

Quale incasserà di più? Indubbiamente Costanzo.

Incasserà quanto è costato? Speriamo. Ma sarà difficile.

Dunque il discorso subito vira verso il mercato, il finanziamento.

I piccoli produttori sono in allarme: “meglio pochi produttori grossi che prendono i soldi e fanno solo le loro solite storie (e qui si vedono i risultati… – dice con una punta di veleno intinta nella verità) o meglio più produttori e decentrati, capaci di dare voce a molte ma molte più storie e idee?”. Domanda ma si risponde.

“E tu come la vedi? Da scrittrice di film…”

“Tra un produttore grosso, con i soldi veri per fare un filmone, e cento medio piccoli, capaci di fare cento storie… voto sempre e comunque cento sguardi diversi. Abbiamo bisogno di storie diverse. Non di storie a senso unico. Sanno di verità unica”.

Altro veleno. Altra verità.

Lui è partito d meno di un decennio verso l’avventura della produzione. Lei insegue e costruisce tenacemente il sogno di fare cinema, di scriverlo.

La provincia dell’impero è cosi: piena di voglia di fare, piena di entusiasmo.

Ma pure di incazzature.

Le dice lui, con quella bella cantilena da centro Italia.

“Ma posso dirti che voler fare un film in Veneto è davvero difficile?”

“Ma certo dimmi”.

“Be’…” muove le braccia. Gesticola. Camicia (come da copione) con risvolto minimo della manica. Sono in ordine ma anche libero. “Beh davvero io non so… il Veneto ha ridotto in modo incredibile i propri finanziamenti al cinema. Negli ultimi anni è stata una catastrofe. Ma cosa fa? E poi i bandi..  e i tempi… ma non so; non hanno voglia di farlo da queste parti?” “Forse gli arrivano comunque i soldi  – da altre parti. Pensa al turismo. Al Veneto non manca”. Vecchia questione. Vecchie domande. Che forse meritano risposte diverse.

Lui guarda lei – che con un impercettibile movimento del capo approva.

Assenso, ma condizionato.

Lui cerca di coordinarsi a lei.

Lei si alza. È finita, devono andare. Lui si alza.

Il metronomo e il golden boy svaniscono dietro gli angoli del Cinema. A cercare sogni coordinati.

Oggi il mare è perfetto, la temperatura perfetta. Finito il fuori sincrono di un ottobre anticipato, settembre si mostra al suo meglio.

Qual è il giusto sincrono per il nostro mestiere?

Cogliere al volo le opportunità che quel che hai attorno ti offre – che sia tecnologia nuova o soldi o altro – è un’arte. Un talento. Ma certo non basta. Serve l’urgenza, ecco cosa. Di raccontare – nel modo più potente possibile. Che sia straordinariamente vero o incredibilmente finto – non conta.

A volte ci si concentra su quel che non si ha mai avuto, come un passato mai vissuto. Lo si inventa quel passato.

È un modo come un altro per indagare la fetta di torta truffauttiana. Dunque per indagarci – noi e il nostro mondo di segni.

Comincio a infilare una serie di film visti.

Mi resta la sensazione, la necessità di avere di più. Tipo un momento di verità. Tipo un primissimo piano che non lascia spazio a null’altro – se non al mistero sul nostro futuro

A che punto è la notte?

La notte è piena di blackout out e con un enorme incendio all’orizzonte

Certo c’è anche la notte popolata da trattorie romane fuori porta, ville sontuose, dive americane e borgate buone, “prima della perdita dell’innocenza”.

Ma forse siamo nell’esercizio di stile, nei telefoni bianchi.

Poi arrivano gli altri borgatari. Non quelli buoni. Quelli cattivi. Che sono comunque meno cattivi dei cattivissimi…

Ed è Western.

È Sollima. Che tiene a bada la mdp – a misura di borgata. E ci da dentro con orizzonti catastrofici e destini segnati.

Come pacificarsi nel dissidio tra cinema immersivo o cinema narrativo.

Il genere, ci dice Sollima, può tutto.

Andrea Vernier
Inviato WGI a Venezia

Il bollettino dello scrittore – I report dell’inviato di Writers Guild Italia (WGI) dalla 80. Mostra internazionale d’Arte Cinematografica (30 agosto – 9 settembre 2023).