Il bollettino dello scrittoreVenezia

Bollettino n. 9

Andrea Vernier,  sceneggiatore e socio della Writers Guild Italia, osserva e vive, dal nostro particolare punto di vista di scrittori, gli eventi della 82. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (27 agosto – 6 settembre 2025)

Oggi a Roma WGI ha appena presentato il panel che è stato portato nei giorni scorsi alla Mostra del Cinema di Venezia. E’ dunque il momento giusto per tirare le fila e provare un ultimo ragionamento.

Non so bene perché, ma sento che non c’è stato modo migliore per finire quel lunghissimo e faticosissimo viaggio chiamato Mostra del Cinema, che guardarsi, a premiazioni già avvenute, l’ultima proiezione prevista per tutta la Mostra: il documentario “Hui jia (Back Home)” di Tsai Ming-liang, ovvero 70 minuti di inquadrature fisse di case – abbandonate, sgarrupate, segnate dalla vita. Era un lungo guardare, tornando a casa. Il ritorno alla radice dell’identità; osservazione, dato crudo di realtà (pensando all’indimenticabile “route one” di Kramer).

Dopo tanta fiction, documentari (nel taglio e forse nella forma) che indagano forme di vita condivise o mitolgie, lunghissimi racconti più o meno riusciti, immersioni in un cinema neo neo neo realista o al contrario ipertrofico e immaginifico, ed etc ed etc… insomma, dopo tutto e il contrario di tutto, è così che si è chiusa la Biennale d’Arte Cinematografica.

Il cinema, in quei lunghissimi giorni, è stato moltissime cose.

Innanzitutto la macchina industriale, che chiama a correo le istituzioni e gli apparati – e dunque mille e uno convegni, presentazioni, discussioni.

Poi l’immaginario collettivo, con i suoi tappeti rossi e la straripante presenza di pubblico – davvero mai così numeroso.

Infine l’oggetto in mostra, ovvero i racconti (nelle sue infinite declinazioni) e chi li ha costruiti.

E qui, tra gli artigiani dell’immaginario – che inevitabilmente durante la Mostra diventano anche pubblico – si è percepito quasi fisicamente quel far parte di una stessa genia, di una stessa famiglia; la gente di cinema si cerca, come un branco di cani randagi, per annusarsi e riconoscersi.

Dunque: industria-apparato, pubblico, opere e i suoi autori (che in una Biennale d’Arte tendono ad essere un tutt’uno).

WGI ha presentato due panel, accendendo i riflettori sul rapporto tra AI e chi il cinema (e l’audiovideo) lo fa, e poi sulla realtà (bistrattata) dei piccoli produttori. WGI ha presentato anche il premio alla sceneggiatura del Cortinametraggio ed infine è stata presente in pressoché tutti gli incontri che quotidianamente si svolgevano lungo i mille palcoscenici che anche in questa edizione hanno caratterizzato le giornate della Mostra.

Il nostro è  stato un enorme lavoro di squadra. E’ stato, al solito, un provare a capire e tastare fino in fondo il polso della situazione.

E dunque, finito lo spettacolo e depositata la polvere, cosa ci portiamo a casa da Venezia?

Senz’altro la certezza che il grande lavoro di coordinamento tra le sigle sta pagando e dando dei frutti visibili. Il lavoro sul contratto collettivo, come sappiamo, è incardinato; le molte criticità sono monitorate – e quando si può si cerca di intervenire in modo coordinato (e dunque possibilmente efficace) al riguardo.

Lo stato di salute del nostro cinema, però, continua ad essere incerto. A bocce ferme paiono più chiare le parole di Barbera, quando indicava un problema nel cinema italiano; parlava di troppi film prodotti e di idee non troppo forti (chiamando direttamente in causa gli sceneggiatori). I vari convegni ed incontri hanno provato poi a disegnare racconti diversi di questa medesima realtà – e i racconti cambiavano a seconda del punto di vista di chi guardava.

In effetti è sempre stato così. Se qualcuno in occasione della Biennale d’Arte Cinematografica cerca una parola definitiva e chiara sullo stato di salute dell’intero settore, sbaglia. Il punto è sempre quello: “Back Home” – ovvero, chi siamo. E noi, che si voglia o meno,  siamo marinai, e sempre in mare stiamo. E quel che si può fare è cogliere i segnali, e regolarsi di conseguenza – possibilmente in tempo. Ma il mare è mare – e muta, costantemente. Ribolle. Sorprende. A volte piacevolmente, a volte meno.

Non esistono certezze, in mare. Esistono previsioni, e pianificazione, e preparazione. E credere in quel che si fa. Altrimenti le navi si schiantano – per non capacità di coordinamento o per mancanza di comando. Magari, vai a sapere, qualcuno voleva cambiare rotta, ma era il momento sbagliato. Magari qualcuno sognava Pitcairn – perché un’isola tropicale è un miraggio che sembra sempre migliore rispetto a traversie difficili, se non si è motivati nel modo giusto. Ma, ecco; serve credere che l’altrove da sogno, dove ogni difficoltà, come per magia, sparisce, abbia più senso di un duro lavoro quotidiano.

E’ una questione del capirsi sul cosa sia la realtà. Dunque del chi siamo.

L’epoca dell’altrove, va detto, non solo è finita, ma ha lasciato (sembra evidente) pure parecchie cose mal messe. Se siamo così scoordinati, forse è anche per l’epoca dell’altrove. Dunque, sì: uno dei maggiori problemi resta il voler vedere la realtà per quel che è, e non per quel che vorremmo che fosse – per poi accettare di lavorarci sopra. “Ma noi siamo quelli dei telefoni bianchi, Andrè; lo capisci? I telefoni bianchi! Il neorealismo era un romanzo, no? Un atteggiamento intellettuale interessante, lo sappiamo, vero? Ma in realtà noi siamo quelli dei telefoni bianchi; tutto, pur di non dire la verità!” mi ruggiva forte, con sarcasmo amaro, una delle memorie storiche di tutto il nostro settore, nel pieno della Mostra.

Ecco. Le voci. In questo difficilissimo e perenne navigare, con la necessità di seguire i mille e uno problemi che sono la normalità del procedere per mare usando il vento, risulta lampante l’unica e imprescindibile necessità: essere un equipaggio. Da soli – questo dobbiamo capire – non possiamo farcela.

Ed ecco perché è necessario incrociare gli sguardi ed essere comunità. Questo e’ e fa WGI. Siamo un gruppo, un branco. A volte una famiglia. Sicuramente dobbiamo imparare a fare equipaggio.

Si tratta di imparare a guardare al meglio possibile, ognuno in una direzione, provando poi a tradurre correttamente ogni segno colto. La realtà – e come ce la raccontiamo. Sapendo che quel che chiamiamo realtà è essa stessa già, in qualche modo, un racconto. Perché questo resta il nostro territorio di ricerca: il reale e il percepito.

Ecco perché come post scriptum a questi racconti dalla Mostra vi lascerò nei prossimi giorni altri corposi contributi: i ragionamenti raccolti da autorevoli associati di WGI. Sono state chiacchierate davvero interessanti, dove la possibilità di esporre un punto di vista compiuto aiuta a capire meglio la sensazione di realtà che l’interlocutore di turno sta vivendo. Un interlocutore che è parte integrante del nostro mondo – a volte più da lontano, a volte più da vicino (con andamento tipico del nostro lavoro).

Le loro sono voci da dentro; dal mare. Le leggeremo come si ascoltano le conchiglie portate a casa quando la stagione del mare è finita.

Sapendo che, per fortuna, la stagione del mare non finisce mai.

Testo e foto di Andrea Vernier
Inviato WGI a Venezia

Il bollettino dello scrittore – I report dell’inviato di Writers Guild Italia (WGI) dalla 82. Mostra internazionale d’Arte Cinematografica (27 agosto – 6 settembre 2025).