Il bollettino dello scrittoreVenezia

Chimere

Bollettino n. 2/22

Andrea Vernier,  sceneggiatore e socio della Writers Guild Italia, osserva e vive anche quest’anno, dal nostro particolare punto di vista di scrittori, gli eventi della 79. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2022)

Se sei a Venezia è per via dell’indecisione.

Questo è un bene o un male? Cioè, oggi, come vendi e cosa vendi se non sei un prodotto preciso?

Un’indecisione, oggi, è un errore.

Una colpa potrebbe essere del limo, per esempio. Quella sabbia sottilissima e limacciosa che ricopre la laguna e finanche le spiagge di questa zona di mondo.

Il limo resta perennemente in sospensione e confonde tutto. O meglio, mischia. Basta un qualunque movimento e il fondo non è percepibile. Non hai alto né basso. Non hai profondità. Non sai cosa tocchi, in mezzo all’acqua torbida.

E poi, comunque, è l’essenza della laguna, l’indefinito. E non è una mancanza, ma una caratteristica precisa. Capita spesso che l’acqua scolori nel cielo – e viceversa. Perché la laguna fa miraggi, giochi di luce. Sospende il giudizio sul reale.

E quindi siamo a Venezia, dove ogni cosa smaterializza e si incarna in altro. Venezia sono dissolvenze continue. E inseguo fantasmi, intravisti nelle premesse logiche, nelle carte. Che come sempre servono a fare il punto nave, a illuderci di avere una rotta, un senso. Ma che corrispondono poco a quell’illusione tridimensionale chiamata realtà.

Poi il fragore della tempesta notturna ti fa camminare come uno zombie mentre chiudi scuri in casa. In un barlume di autocoscienza  intuisci che no, niente sarà sotto controllo quel giorno. La cascata di ghiaccio sommerge ogni cosa, infissi, marmi, barche. Buca il canale. È un baccano infernale. Una cascata del Niagara al buio. Solo i lampi danno un senso a quel rumore – rendendolo visibile.

E dunque ci siamo. Al solito. Realtà e percezione. Visioni concrete e possibili immaginari. Reali borsone stracolme di ogni cosa, pozzanghere, giacche – e nuvole di pensieri, supposizioni, ragionamenti. E fantasmi. Fantasmi ovunque.

Come il fantasma della vita – che perseguita ognuno di noi. Perché la vita non torna mai, proprio mai, dove vorremmo. E allora noi via a rincorrere altre strade – e mai a fornire, finalmente, certezze. Sempre e solo a formulare altre domande. Perché ogni incontro è una nuova domanda, ovvio.

Ma il tuono, il diluvio – e poi il battello, la corsa in sala: tutto questo scuote dal fantasmagorico e porta al reale. Ecco, allora, forse, uno degli incessanti lavorii del festival: cucire reale e irreale, formando un caleidoscopico tessuto.

Il miraggio qui non è un’illusione ottica, ma un obiettivo.

La Chimera, ecco cosa. Un corpo impossibile. Un insieme impossibile.

Come Venezia. Come un cinema che sia arte e botteghino allo stesso tempo. Perché il cinema è industria, serve ricordarlo. Ha costi da industria. Ma molto, molto spesso, non riesce a tornarci, in quei conti. E poi il cinema è contemporaneamente anche linguaggio. A volte arte. Ed è qui, a Venezia, che le due cose si cercano fino a fondersi.

La chimera, appunto.

Una chimera che oggi ha la forma di White Noise.

E’ andata così.

Cerchi fantasmi, esci di casa con le luci livide del mattino tempestoso – entri in una sala nera.

Ed eccoli i fantasmi.

Con i contorni del viso di Adam Driver, le parole di Don DeLillo, le scene scritte e girate da Noah Baumbach. E luci perfette, musica perfetta… tutto strepitosamente interessante. Tutto a sollecitarci la domanda indecente: cos’è il cinema? arte o pubblico? cinema o Netflix?

Il film, questo film, è un viaggio attorno ad alcune domande. La morte, innanzitutto. La famiglia, poi. La propria società (nel caso, quella americana), anche. Il capitalismo, perfino.

E su tutto la domanda delle domande, sulla forma del racconto. Con alcune idee, alcune proposte. Il post moderno come assemblaggio di generi e stili. La citazione (spassosa quella ad Hitchcock tramite la musica – che richiama North by North west – e le inquadrature “perturbanti” tanto care a Truffaut).

La sapienza della sporadica risata immersa in parole lasciate dense da scrittura-scrittura, con un DeLillo esibito come stile. Insomma molto. Molto su cui ragionare. Personalmente, l’ho trovato un lavoro notevole. Notevole perché apre domande – sulla forma, sul senso.

What else?

Andrea Vernier
Inviato WGI a Venezia

I bollettini precedenti

Tra Elvis e Overlook Hotel

Fantasmi

Il bollettino dello scrittore – I report dell’inviato di Writers Guild Italia (WGI) dalla 79 Mostra internazionale d’Arte Cinematografica (31agosto – 10 settembre 2022).