Italia

La notizia è questa: “L’Italia, primo e unico caso in Europa, si avvicina sempre di più alla web tax. Scatterà l’obbligo di acquisto dei servizi online, sia di e-commerce che di pubblicità, solo da operatori con partita Iva italiana.”

Al momento è solo una proposta approvata in Commissione Bilancio della Camera. L’obiettivo è costringere tutti i prestatori di servizi on line di e-commerce o pubblicità a pagare le tasse in Italia per i servizi e i prodotti venduti a utenti italiani. La proposta ha come primo firmatario Edoardo Fanucci (PD), è stata sostenuta in modo convinto dal presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia (PD) ed è stata approvata con i voti anche di Sel ed Svp, oltre che ovviamente del Pd.

A noi questa proposta di legge non piace.

Se diventasse legge, contribuirebbe a demolire e non a favorire gli investimenti nel nostro Paese nel settore tecnologico e dunque nell’audiovisivo. Prevedendo poi un divieto per gli utilizzatori (cioé le imprese italiane) ad usare i servizi di Google, Facebook, Amazon ecc. se questi ultimi non hanno anche una partita Iva italiana, ci si troverebbe a dover rinunciare a efficaci strumenti pubblicitari, ottenendo un calo di competitività e visibilità all’estero.

C’è la possibilità, per niente remota, che tale disposizione sia incompatibile con il diritto europeo per almeno due motivi: in primo luogo gli Stati membri non possono legiferare in materia di Iva se non in modi molto limitati; in secondo luogo si andrebbero a violare palesemente i principi in materia di libera prestazione dei servizi, previsti dai Trattati.

Questa mattina leggiamo che AnicaSiae e 100autori approvano questa proposta di legge illiberale e dannosa per lo sviluppo. La riflessione che proponiamo è la seguente: pensate che con la webtax una realtà come Netflix sbarcherà ancora in Italia nel 2014? A chi conviene limitare e chiudere ulteriormente il mercato dei broadcaster? Di sicuro non a chi fa il nostro mestiere.

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