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El desconocido – Retribution

La WGI è nata con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati  dagli organi di informazione.
Alberto Marini ha scritto El desconocido – Retribution. Il film spagnolo, diretto da Dani La Torre, apre, con la prima proiezione mondiale di oggi 2 settembre alle 17 nella Sala Perla, la sezione Giornate degli autori.

Alberto, sono molto contenta di poterti intervistare come autore de El Desconocido, un thriller che sembra promettere molta tensione. Puoi raccontarmi il pitch del film?

É una storia di concetto. Carlos, direttore di banca, mentre accompagna i suoi figli a scuola, rivece la chiamata di uno sconosciuto (di un desconocido) che gli comunica che c’è un ordigno sotto i loro sedili: nessuno potrà abbandonare il veicolo se Carlos non gli procura una somma determinata di soldi. Tutto il film descrive le peripezie di Carlos per racimolare i soldi, senza poter abbandonare l’auto e con continue complicazioni.

Come è nato il soggetto del film? Da chi viene l’idea e come l’hai sviluppata nella scrittura?

L’idea è del regista. Mi disse che voleva un thriller di azione con la premessa argomentale del pitch.

Quando me la raccontò, in macchina c’era solo Carlos, senza figli, ma l’idea è sostanzialmente di Dani. Durante lo sviluppo, il principale dilemma è stato se mantenere l’azione sempre dentro il veicolo, insieme al protagonista ed ai suoi figli, o uscire e vedere il dispositivo di polizia che si crea intorno alla macchina, dare spazio alla moglie del protagonista, ecc. Scrivemmo una prima versione restando rigorosamente dentro dell’auto, e poi optammo per uscire e dare spazio ad altri personaggi.

Come è stato il rapporto con il regista Dani La Torre? Ci sono stati dei cambiamenti dalla sceneggiatura alla versione definitiva del film? Sei stato coinvolto durante la fase di shooting?

Ho conosciuto Dani durante il festival di Sitges, presentatomi dai produttori, con cui avevo già lavorato. Abbiamo trovato facilmente la forma di collaborare, nonostante Dani viva a Coruña ed io a Barcelona. Ovviamente durante le riprese la sceneggiatura cambia. Capita spesso, direi sempre: peró non é una tragedia. So che alcuni sceneggiatori soffrono questa situazione, ma per me è un fatto di attitudine. Vivo la sceneggiatura come uno strumento per chi gira e credo che il regista abbia tutto il diritto di cambiare per migliorare. Come sceneggiatore vivi meglio se ti convinci fin dall’ inizio che lo script non è il tuo “bambino”: è solo e sempre uno strumento al servizio del film ed è importante essere pronti ad accettare i cambiamenti, qualunque essi siano, ed offrire nuove soluzioni in base alle necessità del film.

El desconocido è un thriller con un impianto di suspance che mi ha fatto pensare a Phoneboot di Joel Schumacher. Come mai hai scelto di raccontare questa storia?

Il riferimento a Phoneboot è ovvio e lo abbiamo tenuto in mente durante tutta la scrittura. Come ho detto, per me El Desconocido è stata una sceneggiatura su commissione (un work for hire), per cui non sono io il responsabile della scelta della storia. In ogni modo, ti posso dire che ho accettato il lavoro per la sfida di scrivere un thriller di azione in Spagna, con inseguimenti, spari, bombe, colpi di scena… un’opportunità che non capita spesso. Sembra un genere esclusivo di Hollywood, ma anche qui abbiamo tanto da raccontare. Spero che El Desconocido possa essere associato a thriller europei come Celda 211, HeadHunters, Snabba Cash, Pour Elle... tutti grandi film europei di cui Hollywood ha fatto o sta preparando remakes.

Ne El Desconocido la vittima è un direttore di banca e il carnefice si vendica su di lui. C’è un discorso politico di fondo che riguarda l’attuale situazione economica dell’Europa?

Il riferimento a ciò che è successo in Spagna con le banche è ovvio ed è una ragione per cui esiste il progetto. Il tema delle “azioni privilegiate” è stata una pagina molto buia della storia recente qui, ed ha colpito molte famiglie. É una ferita ancora aperta. Ed è un tema presente dietro la trama principale, senza assumere protagonismo. Diciamo che El Desconocido è un thriller di intrattenimento, con alcuni ponti con la realtá contemporanea.

Ti si può definire un esperto di genere? Ho visto che hai lavorato anche a film horror, tra cui REC e Sleep Tight e recentemente hai scritto e diretto un altro horror Summer Camp. Cosa ne pensi del genere nel cinema europeo?

Negli ultimi anni c’è stata una rinascita di questo linguaggio che ci ha permesso di competere con le grandi produzioni hollywoodiane. Cosa credi che gli europei abbiano da aggiungere rispetto alle produzioni mainstream di Hollywood?

L’horror è la ragione per cui mi dedico al cinema ed è la ragione per cui sono venuto a vivere in Spagna, nel 1999. Sono entrato alla Filmax, che aveva un marchio specifico, la Fantastic Factory, con cui produceva tre o quattro horror all’anno per il mercato internazionale: una realtá impensabile in Italia. In ogni modo il boom dell’horror indipendente europeo ed asiatico – che ha toccato solo marginalmente l’Italia – è ormai passato qui in Spagna e, direi, nel resto del mondo. Sono mode ed adesso, forse con l’esclusione dell’America Latina, siamo in fase decrescente. La colpa è della saturazione del mercato, accompagnata dalla scomparsa del mercato Home Video. Il V.O.D. funziona in America ma non qui. Almeno per ora. Pertanto i film di genere europei hanno un processo di ammortizzazione molto complicato.

Ritornando alla tua domanda, negli ultimi anni c’è stata la rinascita ma, purtroppo, anche la perdita di salute (non parliamo di morte) di questo genere. Se c’è un The Babadook che funziona, ci sono venti film horror indipendenti che non trovano nessuno spazio commerciale e duecento che non riescono a raggiungere il finanziamento necessario.

Il genere, specialmente l’horror e il thriller, qui in Italia viene considerato un po’ rischioso dai produttori ritenendolo troppo ristretto da un punto di vista commerciale di audience. Invece sembra che in Spagna ci siano sempre più film di genere che incontrano anche il favore del pubblico. Quali sono gli elementi vincenti di questo tipo di linguaggio? Tu hai scelto questo linguaggio per rispondere ad esigenze di pubblico o per altri motivi? Hai in mente un certo tipo di pubblico quando scrivi i tuoi film?

In Spagna bisogna fare un discorso molto diverso tra horror e thriller. L’horror non è piú di moda, mentre il thriller è il genere mainstream del momento, insieme alla commedia.

In quanto all’horror in Italia non è mai riuscito ad essere un genere mainstream, cosa che invece è successa in Spagna o in altri paesi come gli Stati Uniti. L’esempio del 2006 in Spagna è chiaro. In pieno boom della moda horror, i primi due film locali al botteghino nazionale sono stati precisamente due horror, El Orfanato di Bayona e REC di Balagueró & Plaza, assoluti padroni del mercato locale. Di nuovo, impensabile in Italia. Credo che in Italia la nicchia da cui l’horror non é mai riuscito ad uscire dipende dal fatto che questo genere è sempre associato a sangue, violenza e ad autori cult come Bava, Fulci e Argento. Però l’horror non è necessariamente sangue o violenza, è un genere in continua evoluzione. Horror è tutto ciò che provoca orrore e sgomento nello spettatore. Aneke è horror per esempio, anche se in Italia non lo si cataloga così. É curioso che quando Sleep Tight (Bed Time in Italia), veniva indicato dalle pagine specializzate americane (Twitch, Fangoria, Dread Central, ecc.) come uno degli horror migliori dell’anno e, soprattutto, come un horror moderno, in Italia le pagine specializzate rimarcavano che non si trattasse di un horror.

In quanto al thriller, in Spagna stiamo vivendo una specie di rinascita. Il film rivelazione dello scorso anno é stato precisamente un thriller, La Isla Mínima di Alberto Rodríguez ed uno dei successi principali al botteghino è stato El Niño di Daniel Monzón, senza poi dimenticare successi anteriori come No Habrá Paz para Los Malvados, La Cara Oculta, La Piel que Habito. Al momento è un genere di moda, che le TV private e pubbliche accolgono bene. Finché dura, chiaro.

Come funziona il sistema produttivo in Spagna? I tuoi film sono di low o high budget? Hai dovuto fare dei sacrifici in termini di storia per venire incontro alle esigenze della produzione?

Il sistema produttivo è cambiato drasticamente negli ultimi cinque anni. Con la diminuzione drastica degli aiuti pubblici sia nazionali che regionali, e con un sistema di incentivi fiscali che non è competitivo con gli altri paesi. La grande differenza in Spagna, al momento, è avere o no la coproduzione di una rete TV privata (gruppo Atresmedia o gruppo Telecinco). Se guardi il botteghino annuale, con rarissime eccezioni, la prime dieci posizioni sono sempre occupate da film in collaborazione con TV private. Ed è sempre piú importante il mercato straniero. Nel caso di Summer Camp, per esempio, quasi tutto il finanziamento è venuto da prevendite al mercato internazionale, a riprova che l’horror in Spagna ormai non genera troppo interesse. Nel caso di El Desconocido (che non ho prodotto io) invece é stato determinante la coproduzione con il gruppo Atresmedia.

Non so se si pú parlare di high e low budget in Spagna. I film vanno da meno de 1M a 6M come massimo, con rarissime eccezioni (Bayona, Amenabar, etc.). Ho lavorato tanto in film con budget controllato (REC, Summer Camp) come “high budget” (Extinction, Los Ultimos Días, ecc.) dove per budget controllato si intende meno di 2M e high piú di 4M. Non é una differenza abissale. La cosa sta nel sapersi adattare al denaro che si ha.

Ovviamente se finanzi un film con equity o coproduzioni devi scendere a patti. Parlerei però di patti e non sacrifici.

Come lo vedi il futuro del cinema? Con l’arrivo di Netflix sembra che la sala cinematografica non sarà più il luogo principale dove vedere film. Lo ritieni un cambiamento positivo o negativo?

Penso che il cinema come l’abbiamo conosciuto è destinato a scomparire. Non sarà un processo immediato, ma fra cinquant´anni non sono molto sicuro che si faranno molti film come li intendiamo adesso. Le nuove teconologie spingono per offrire nuovi formati audiovisivi che, temo, rimpiazzeranno i film per gli spettatori del domani. E’ già un fatto che il settore dei video giochi generi oggi più fatturato ed interesse nel pubblico giovane che il cinema. Ed è una tendenza destinata a crescere.

Netflix è senza dubbio positivo. É un strumento che aiuta a combattere la pirateria e favorisce la connessione tra il pubblico ed i film. Ma non credo che possa dare nuova vita al cinema. Semplicemente ritarderà una morte annunciata.

Ci puoi dare un quadro della condizione degli sceneggiatori nel sistema produttivo spagnolo? Sono considerati autori dell’opera oppure scrittori al servizio degli studios?

Non ho mai lavorato in Italia come sceneggiatore quindi non conosco le differenze. Ho lavorato in Spagna e per gli Stati Uniti. Qui in Spagna ti posso dire che molto dipende dal produttore con cui collabori. Ci sono produttori che rispettano totalmente lo sceneggiatore, ed altri che danno priorità al film. Devo dire che, quando sono produttore, appartengo al secondo gruppo. E, per coerenza, quando scrivo per altri, cerco sempre di essere cosciente che la sceneggiatura non è mia, non è un’opera in sé, ma sempre e solo uno strumento al servizio del film. Negli States è curioso, la cosa cambia radicalmente se ti muovi nel cinema o nella televisione. Il rispetto che ha un creatore di una serie TV negli States è totale, quasi assoluto. Non ho visto una situazione simile nel cinema (tanto spagnolo come americano) né nella televisione spagnola.

In Italia la Writers Guild si batte per proteggere il diritto d’autore per gli sceneggiatori. Come è la situazione legislativa e contrattuale in Spagna?I

Proprio in questi giorni il Ministro della Cultura ha abbozzato un progetto di riforma sulla legge di proprietà intellettuale che complica molto la situazione degli autori. Al momento in Spagna si riconosce il diritto di rimunerazione economica per i diritti di proprietà intellettuale allo sceneggiatore (50%), al regista (25%) ed al compositore della musica (25%). Questo diritto si esercita tanto sul botteghino lordo e sulle emissioni televisive. In quanto alla situazione contrattuale dipende molto dal produttore e dalla forza che hai come sceneggiatore. Ho visto casi in cui, per una sceneggiatura cinematografica sono stati pagati 4.000€, ed altri dove si é pagato piú di 100.000€. Però, francamente, negli States è peggio, nonostante le guilds.

Ci puoi dare qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri? Si tratta di lavori come sceneggiatore o, visto che ormai hai fatto il salto, anche come regista?

Come sceneggiatore continuo a lavorare su un paio di progetti di Vaca Films (i produttori di El Desconocido), che non sono ancora stati annunciati e di cui quindi non posso parlare. Lavoro poi su un progetto si serie TV incaricato da Portocabo, Hierro, che dovrebbe essere una coproduzione internazionale tra Spagna, Germania e Francia. Si tratta di una specie di Broadchurch nelle isole canarie.

In quanto alla regia, c’é un progetto di thriller ma é ancora in sviluppo. Pero sì, voglio continuare a dirigere.

L’intervista è a cura di .Fosca Gallesio

Scrittori a Venezia – Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori presenti con le loro opere alla 72 Mostra internazionale d’Arte Cinematografica (2-12 settembre 2015).
Le foto dei film sono state messe cortesemente a disposizione della stampa dal sito della Mostra biennale.org e dal sito di Istituto Luce – Cinecittà filmitalia.org. a cui vanno i  nostri ringraziamenti.
Le foto degli sceneggiatori sono invece di loro proprietà: grazie anche a loro.

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