Scrittori a VeneziaWriters

La profezia dell’armadillo

La WGI è nata con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati  dagli organi di informazione.
Abbiamo incontrato Johnny Palomba, che insieme a Oscar Glioti, Valerio Mastandrea e naturalmente Zerocalcare è tra gli sceneggiatori del film tratto dal famoso fumetto “La Profezia Dell’Armadillo”, per la regia di Emanuele Scaringi, presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia.

Johnny Palomba, il più misterioso degli sceneggiatori de “La profezia dell’armadillo”. La prima domanda è semplice: puoi farci un pitch del film, anche se molti già conoscono la storia avendo letto il fumetto di Zerocalcare?

Un pischello di Rebibbia elabora un lutto, l’amico reale Secco e quello immaginario Armadillo non gli sono d’aiuto”

Quanto è fedele il film al fumetto e che cosa avete aggiunto o tolto e perché?

Sul film non te lo posso dire perché ancora non l’ho visto, posso parlare della sceneggiatura: del fumetto, ovviamente abbiamo cercato di prendere lo spirito e portarcelo con noi. Il fatto che Zerocalcare fosse con noi a scrivere la sceneggiatura ha reso tutto più semplice.

Parlaci di te. Sei uno scrittore, autori di testi radiofonici, conduttore, sceneggiatore e che cos’altro?

Credo di essere una persona fondamentalmente curiosa, di tutto, il resto viene da sé.

Hai lavorato con Vauro e Vincino, maestri della satira. Vorrei chiederti, secondo te, come sta la satira, oggi? E’ viva e lotta insieme a noi o se non è morta è quasi svenuta?

La satira sta messa male. Viveva benissimo quando l’obiettivo era il potere, e il potere era rappresentato da uomini che cercavano di apparire tutti di un pezzo. Gli anni del berlusconismo hanno portato a spostare sempre più in là il paradosso. Chi fa satira si è trovato con il tempo sempre scavalcato dalla realtà. Oggi con il semplice accesso alla rete è un gran fiorire di autori di satira, o presunti tali. Ma nella maggioranza dei casi la satira è scambiata con il tifo di parte o con la propaganda di regime. L’oggetto non è più il potere ma il debole, lo sconfitto.

C’è grande curiosità attorno alla tua identità, tendi a nasconderti. Trauma da prime rughe o, come immagino, una scelta più profonda?

Ho semplicemente una buona e sana dose di pudore.

Come è nata la tua collaborazione con gli altri sceneggiatori?

Direi che è stato tutto molto naturale, ci conoscevamo già da tempo.

In percentuale, quanto divertimento e quanto stress c’è stato in questo lavoro?

Niente stress, molto divertimento, è stato un bellissimo viaggio.

La WGI (Writers Guild Italia) ha un codice deontologico riassunto in 10 punti a cui tutti gli sceneggiatori devono attenersi per far parte del nostro sindacato. È in sostanza un impegno a far valere i propri diritti e allo stesso tempo ad “osservare un comportamento ispirato a correttezza e lealtà nei confronti dei colleghi”. Tu concordi con la filosofia del nostro sindacato?

Sì. Sono valori che dovrebbero esistere in qualsiasi ambiente di lavoro.

Se tu dovessi creare un codice deontologico per gli autori quale sarebbe per te il primo punto, quello più importante?

Quando scrivete qualcosa, rileggetela bene. Sempre.

La Writers’ Guild of Great Britain ha scritto un documento dal titolo ”Free is not an option” in sostanza un appello e una denuncia. Molti sceneggiatori oggi, spesso per carenza di lavoro, sono disposti a scrivere gratis, o quasi, e comunque con un bassissimo livello di garanzie. La tua opinione al riguardo. Se veniamo pagati 100 il nostro lavoro vale 100, se veniamo pagati 0 o quasi il nostro lavoro non vale nulla. Sta tutto lì.

 All’interno della rivista “8 ½” si è sviluppato un interessante dibattito sul fatto che nel cinema non si racconta più la borghesia. Si racconta molto, invece, della periferia e di situazioni a margine. Ci sono più storie da raccontare in questo ambito? Ci sono storie più vere e interessanti, secondo te? Non so se sia più interessante la borghesia o la periferia. Credo ci sia bisogno soprattutto di sperimentare, di stravolgere il modo di raccontare a prescindere dall’ambiente. Ci siamo sorbiti negli ultimi anni una serie di commedie italiane tutte uguali fatte con lo stampino. Bisogna convincere i produttori che appiattire tutte le storie su un modello che “funziona” ha portato ad un impoverimento e l’allontanamento del pubblico dalle sale. Insomma: “E ora qualcosa di completamente diverso!”

Perché proprio l’Armadillo? Che cosa simboleggia?

Sul perché bisognerebbe chiedere a Zerocalcare. Sicuramente l’armadillo è una coscienza che aiuta poco il protagonista, lo consiglia sempre e comunque a dare il peggio di sé.

Progetti futuri come sceneggiatore?

Non lo so, posso solo dire che è stata una grande esperienza e che scrivere una sceneggiatura a più mani è un’esperienza che consiglio. Assolutamente.

L’intervista è a cura di Silvia Longo

Scrittori a Venezia – Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori presenti con le loro opere alla 75 Mostra internazionale d’Arte Cinematografica (29 Agosto – 8 settembre 2018).

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