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Le confessioni

La WGI è nata con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati  dagli organi di informazione.

Angelo Pasquini ha scritto con il regista Roberto Andò soggetto e sceneggiatura del film Le confessioni, che viene presentato insieme ad altri 34 lungometraggi italiani nel Festival di Annecy Cinema Italien.

Le confessioni risulta sui titoli di coda targato 2015, ma è uscito nelle sale italiane il 21 aprile 2016 e adesso intraprende la sua corsa anche in Francia e in altri paesi.

Caro Angelo, Le confessioni, uscito ad aprile 2016, viene ospitato tra settembre e ottobre in una pluralità di festival e nelle rassegne di cinema italiano da Annecy a Chicago, Praga, Hong Kong, una serie di città australiane e poi Vancouver. Parliamone. Iniziamo con un pitch per chi ancora non conosce la vicenda. Cosa racconta il film?

E’ un noir ambientato in una situazione particolare, un summit nel quale i rappresentanti delle più importanti potenze si riuniscono per prendere una decisione cruciale. Ci siamo ricordati che, in un G8 del 2012, erano stati invitati alcuni rappresentanti di fondazioni o organizzazioni non governative. Partendo da questa suggestione, abbiamo sviluppato l’idea di un ospite speciale.

Un personaggio carismatico che finisca per confrontarsi con il vero dominus di questi incontri, il potere finanziario, e che riesca a impedire, o almeno a procrastinare, un provvedimento foriero di conseguenze rovinose. Questo personaggio è Salus. Un monaco votato alla meditazione.

Medesimi scrittori, regista e protagonista, Le confessioni sembra discendere con naturalezza dal film precedente di Andò, Viva la libertà per quanto attiene anche al tema, il confronto con la politica. Dando anche uno sguardo all’elenco degli oltre 30 film italiani presenti ad Annecy, voi siete praticamente gli unici ad interessarvi al mondo di chi ci governa. Perché? Cosa vi spinge?

Personalmente, della politica mi ha sempre attratto il fascino ambiguo e misterioso del potere. Trovo attraente il fatto che l’ambito centrale della politica sia il retroscena, un angolo cieco rispetto allo sguardo del pubblico e all’occhio delle telecamere.

Il summit di un manipolo di ministri delle finanze è una vostra invenzione, oppure vi siete documentati, avete fatto riferimento a un avvenimento reale?

Sono eventi reali, ormai piuttosto frequenti. E in alcuni casi gli argomenti e le deliberazioni sono top-secret.

Mentre in Viva la libertà c’era una soluzione ottimista, Le confessioni si conclude con pochissimi spiragli di speranza. Rappresenta una vostra progressione personale verso il pessimismo, siete cambiati voi, è cambiato il mondo, dai tempi di Viva la libertà?

E’ vero, è cambiato il colore, il tono della storia. In Viva la libertà prevaleva un tono satirico di commedia, qui prevale un tono di mistero, di noir. E’ stato il tema a portarci in quella direzione: il dominio incontrollato dell’economia liberista, la vera religione del nostro tempo, con i suoi dogmi e i suoi assiomi, inconfutabili e indimostrabili, eppure universalmente condivisi.

Parliamo anche di genere: Le confessioni inizia con un piglio hitchcockiano. Del resto, in un dialogo, citate esplicitamente il film Io confesso (1953), che ha al centro – apparentemente – la stessa tematica: il costo del silenzio per un sacerdote accusato di assassinio. Si avvia così un intrigante thriller, poi, a metà, cambiate registro, il film rallenta, si accentua la sua dimensione di di operetta morale e alla fine il come e il perché della morte vengono un po’ buttati via, affidati ad una dichiarazione politica, non visualizzati. Perché? Il giallo non riusciva a contenere abbastanza le vostre intenzioni?

Ho parlato di noir, ma non volevamo fare un film di genere. La definizione di apologo, di racconto morale forse è la più azzeccata. I cardini della storia sono un suicidio, una confessione e una decisione segreta di grande rilevanza, che sono intimamente legati tra di loro. La suspense è legata all’interconnessione tra questi tre elementi.

Di Hitchcock ci sono anche gli uccelli. Il vostro certosino è un prete alla San Francesco che ascolta gli uccelli e ammansisce le belve… Se in Hitchcock la natura impazziva, forse per effetto della cattiveria umana, qui la natura – rimasta integra – sembra l’unica alleata dell’uomo, la sua speranza. Leggo bene le vostre intenzioni? Ci credete?

C’è anche un po’ di ironia nella figura di questo certosino. E il canto degli uccelli serve soprattutto a suggerire la spiritualità di Salus. Il cinema tratta con difficoltà tutto quello che ha a che fare con l’invisibile. Quindi il canto degli uccelli è in qualche modo una metafora dell’interiorità del protagonista.

In Viva la libertà la soluzione veniva da un geniale malato mentale, qui da un sacerdote scrittore…

Sembra che pensiate che la politica non sia in grado di rinnovare se stessa, che a sistemare le cose debbano pensarci forze esterne. Non ti pare una prospettiva che ha dei rischi, visto quello che sta succedendo anche in Italia?

Qui vale il discorso già fatto per Gomorra. Non è colpa del cinema se la violenza dilaga, né è colpa nostra se i comici scendono dal palcoscenico e si mettono a fare politica.

Fermiamoci un attimo sulla scrittura. La sceneggiatura del film è diventata anche un libro: che ne pensi della leggibilità di un copione, credi che i passaggi tecnici possano essere compresi anche da un lettore non tecnico?

Il problema è come si scrive una sceneggiatura. Per avere di per sé una funzione narrativa, deve avere la forza di suggerire e evocare il cinema, oltre a essere, diciamo così, il progetto esecutivo di un film.

Le confessioni è un film affascinante, ma non è una pellicola facilmente comprensibile, come Viva la libertà. Avete fatto un ragionamento sul pubblico, corso coscientemente il rischio?

Abbiamo corso incoscientemente il rischio. Come si fa sempre, del resto, se non si punta a un prodotto puramente commerciale.

Tra pochi mesi dovrebbe essere votata in Parlamento la legge cinema che ha cominciato un faticoso iter l’altra estate, cambiando poi volto con un intervento deciso del Ministro Franceschini. Adesso la parte più rilevante dei finanziamenti di sostegno alla produzione – più dell’80% – va ridistribuita tra coloro che hanno incassato di più nel corso dell’anno precedente. Cosa ne pensi?

Assurdo.

Uno sguardo anche alla nostra categoria. Tu hai una lunga esperienza, ti sei misurato con diversi tipi di scrittura. Ti sembra che sia cambiato qualcosa da quando hai cominciato la professione di sceneggiatore?

E’ cambiato quasi tutto, ma c’è ancora qualcosa di antico che resiste in questo lavoro. E’ un artigianato catapultato nell’epoca post-industriale, con alcune caratteristiche da laboratorio un po’ misterioso e certi curiosi angoli da lunapark.

Sappiamo che la tua collaborazione con Andò continua, che ci sono altri progetti in ballo. Ti va di raccontarcene?

Abbiamo in cantiere insieme un nuovo film, e una serie televisiva sulla politica italiana, che avrà il tono leggero di Viva la libertà, ma con altri personaggi e altri intrecci, molto legati alla nostra contemporaneità.

Grazie e in bocca al lupo per tutto.

L’intervista è a cura di Giovanna Koch

Scrittori ad Annecy – Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori che presentano le loro opere al Festival di cinema italiano di Annecy (21-.27 settembre)

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