Scrittori a VeneziaWriters

La Writers Guild Italia è nata con il preciso intento di valorizzare e di far rispettare, sotto ogni aspetto, il lavoro professionale degli sceneggiatori e quindi anche la loro immagine pubblica. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, raccoglie e diffonde la voce degli sceneggiatori italiani, per tentare di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori e le sceneggiature vengono penalizzati dalle comunicazioni dei festival e degli organi di informazione.

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  SCRITTORI A VENEZIA

  Writers Guild Italia (WGI) incontra gli sceneggiatori italiani presenti con le loro opere alla
  71° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (27 agosto-6 settembre)

 

Andrea Garello ha scritto  SENZA NESSUNA PIETA’, con Emanuele Scaringi e Michele Alhaique (regia). Il film è in concorso nella sezione Orizzonti e verrà proiettato oggi, 30 agosto 2014, alle 17.15 nella Sala Darsena, e domani alle 13.15 al PalaBiennale.

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 Senza nessuna pietà

scritto da… ANDREA GARELLO

1. Partenza canonica, Andrea: un pitch della storia in poche righe.

Mimmo ha un doppio lavoro: operaio specializzato e recupero crediti per il signor Santilli, suo zio. In pratica, costruisce palazzi e rompe ossa. Quello è il suo ruolo, nel microcosmo che è la sua vita, dove chi rispetta le regole campa abbastanza sereno e a fine mese rimedia qualche extra. Chi non le rispetta, finisce male. Quando nella sua vita entra Tania, una giovane prostituta, le vite di entrambi cambiano. A prima vista hanno ben poco in comune, se non la voglia di modificare un futuro che sembra già scritto. Ma, a volte, basta una scintilla per accendere un fuoco che ti obbliga ad andare avanti, fino alla fine, senza pensare alle conseguenze.

2. Raccontaci com’è nato questo film. Avete collaborato tutti dalla prima idea o vi siete incontrati successivamente?

In principio avevo scritto il soggetto e, poi, l’avevo sceneggiato con l’aiuto di Emanuele Scaringi: una prima stesura che, nonostante avesse suscitato qualche interesse, si era arenata, come tante volte succede. È rimasta inerte per almeno un anno, quando Michele Alhaique mi ha chiesto di leggerla. Gli è piaciuta, ha deciso che avrebbe tentato di esordire con quella storia, ma voleva apportare alcune modifiche… Qualche anno e sette, otto stesure più tardi c’è stato il primo ciak.

3. Cosa vi premeva raccontare?

Volevamo costruire una storia forte, cazzuta, dove le azioni dei personaggi raccontano più delle parole. La storia di una presa di coscienza e delle sue estreme conseguenze.

4. Quindi tutto è partito da un’idea dello sceneggiatore, complimenti. Quali pensi che siano i punti di forza del tuo script? A quali generi e/o modelli ti sei ispirato?

Penso e spero di avere scritto una sceneggiatura omogenea, dove personaggi e storia si sostengono a vicenda, e dove il regista possa dimostrare tutto il suo talento. In fondo, abbiamo scommesso l’uno sull’altro. I modelli a cui ci si ispira, tanto vale andarli a cercare più in alto possibile: nelle conversazioni con Michele, i nomi che uscivano più spesso erano quelli di Mann e Audiard.

5. Cinema “d’autore” ma non certo di nicchia, anzi. Tu al pubblico hai pensato, quando scrivevi?

Penso sempre al pubblico quando scrivo, è a questa entità multiforme che mi rivolgo, cercando di intrattenerla nel modo più originale e sincero. Quando ci riesco, mi piace pensare che autore e pubblico s’incontrino con naturalezza, creando un’intesa. Non avevo comunque un target di riferimento preciso.

6. Torniamo un momento al regista, Michele Alhaique. Ci hai detto che ha voluto apportare delle modifiche alla sceneggiatura e compare tra gli sceneggiatori del film: com’è andata, questa collaborazione con lui al tavolo della scrittura?

E’ andata benissimo, e quando non va così hai già un piede nella fossa. L’intesa con il regista è fondamentale. Sarà lui a realizzare il copione, perciò il mio compito è di metterlo nella migliore condizione di farlo. Diversamente ne uscirà un film zoppo, se va bene, sennò una classica schifezza. Con Michele, c’è un rapporto di amicizia e stima reciproca, e non guasta l’avere gusti molto simili. Com’è naturale, non siamo sempre d’accordo, ma partendo dai presupposti di cui sopra troviamo sempre un modo per essere entrambi soddisfatti.

7. Anche sul set avete collaborato? Per esempio, tu e gli altri sceneggiatori eravate presenti? Oppure, avete partecipato in qualche modo alle decisioni che riguardano la messa in scena?

In questo film sono stato coinvolto molto di più di quanto mi capita normalmente. Michele mi ha sempre consultato nella fase del casting. Essendo una persona intelligente, non si comporta come se fosse lì solo per esercitare un potere. Le scelte finali sono sue, ma vuole che siano condivise. A parte Pier Francesco Favino (dal primo giorno non abbiamo mai pensato ad altri per il ruolo di Mimmo), le scelte degli altri personaggi principali non sono state le più ovvie; ne abbiamo sempre discusso insieme e, quando avevo dei dubbi, Michele mi ha convinto, prima con le parole e poi con i fatti.

8. Rispetto all’ultimo film che hai sceneggiato – Smetto quando voglio – questo è molto diverso: quello era una commedia sopra le righe, questo – parrebbe – un film drammatico e molto realistico.Hai un tuo genere preferito, nel quale ti senti di riuscire meglio?

Non ho un genere preferito, anzi lo avrei ed è la fantascienza, ma in Italia sperare di scrivere un film del genere è come credere negli UFO (no, aspetta, anche i film di guerra, ma quando lo dico la gente sorride e mi guarda compassionevole).

In generale mi appassiono alle storie e ai personaggi, sono loro a suggerirmi il tono.

Scrivo con la stessa naturalezza film comici o drammatici, poi possono venirmi bene o meno bene, indipendentemente dal genere. Nondimeno, avere un certo talento per la commedia è una fortuna, nel nostro paese, visto che l’ottanta per cento dei film che vengono prodotti è di quel tipo. Se però non trovi un regista o un produttore che ti danno la possibilità di spaziare, può diventare una gabbia e manco tanto dorata, visti i pochi soldi che girano.

9. Veniamo alle questioni più generali. La WGI difende una categoria che in Italia è molto poco tutelata e riconosciuta. Tu sei stato nel direttivo della SACT. Cosa ne pensi?

Penso che molti miei colleghi non si rendano minimamente conto del lavoro che fa il direttivo della WGI (e faceva la SACT) per tutelare i nostri diritti. Che siano benedetti dalle divinità di tutti i pantheon, uno per uno. La nostra categoria non è solo poco tutelata, vive sotto la continua minaccia di estinzione. E la nostra ignoranza, insieme al nostro egoismo, sono concause di questa situazione. Se credessimo di più nelle associazioni di categoria come la WGI e le sostenessimo più attivamente, il futuro non sarebbe forse luminoso, ma almeno non buio pesto. Perché a tutt’oggi la nostra situazione è pessima, ricordiamocelo.

10. Sottoscrivo il ringraziamento e l’invocazione alla benedizione degli dei per il Board della WGI, e li estendo ai responsabili dei gruppi di lavoro: sono tutti colleghi che fanno un secondo lavoro, non retribuito, nell’interesse della categoria, esponendosi in prima persona.Torno a noi. Mi pare – ma correggimi e scusami, se sbaglio – che per te sia la prima volta, alla Mostra di Venezia. Altri premi, però, li hai già vinti…Cosa ti aspetti, questa volta?

Più che aspettarmi qualcosa, spero nella benevolenza di pubblico e critica: oltre a qualche free drink.

11. Okay, coi drink ci avviciniamo alla fine dell’intervista. Dammi 3 aggettivi per dirmi cosa pensi della situazione del nostro cinema in questi anni.

Poco-meritocratico, tragicomico, speranzoso.

12. Una domanda più tecnica, sul diritto d’autore: che ne pensi della nostra legislazione? Puoi rispondere anche brevemente, tipo con “Va bene, così”. “Va bene, ma bisognerebbe farla rispettare”. “E’ roba da avvocati e non mi ci metto”… etc.

Direi non va tanto bene, bisognerebbe almeno far rispettare i pochi diritti che abbiamo.

13. Per chiudere, regalaci “la tua” scena – la più bella, la più brutta, la più importante… – di Senza nessuna pietà, con un commento.

Non è la scena più importante, ma racconta bene il rapporto tra Mimmo e il Roscio, i due personaggi maschili principali. Introduce con leggerezza due elementi che cambieranno drammaticamente la storia e le loro vite: una ragazza e una pistola.

14- Grazie mille, Andrea, invitiamo tutti a leggere la tua scena, scaricandola qui:Garello.SNP

 Intervista a cura di Fabrizia Midulla