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Errori e paure

di Christopher Vogler

La WGI è nata con l’intento di valorizzare la professione degli sceneggiatori. La sezione SCRITTO DA, sotto l’egida di WRITTEN BY, la prestigiosa rivista della WGAw, tenta di supplire alla grande disattenzione con cui gli scrittori di cinema, tv, e web vengono penalizzati  dagli organi di informazione.
Questa è la prima delle 2 interviste che Christopher Vogler ha rilasciato a tre soci WGI -Michele Alberico, Mariangela Barbanente e Menotti- durante lo svolgimento della 5° edizione del workshop di scrittura di PugliaExperience. I video, con la regia di Stefano Reali e con montaggio e sottotitoli di Paolo Guerrieri, sono pubblicati sul canale YouTube della WGI, 
Christopher Vogler è uno sceneggiatore che ha costruito una delle più note teorie di scrittura filmica, il Viaggio dell’eroe, derivandola dalle ricerche in campo mitologico di Joseph Campbell,
 
La prima delle interviste, riguarda gli errori da evitare e la convivenza dei metodi americani di scrittura con la nostra cultura europea.
La seconda intervista affronta invece le sfide che la filmografia italiana deve affrontare per raggiungere il mercato internazionale..

Vogler 1 - Errori e paure

Il testo in italiano

Quali sono gli errori ricorrenti che danneggiano uno script?

Gli errori più comuni sono esagerare con le informazioni oppure non darne a sufficienza: Bisogna conoscere determinati aspetti della storia molto presto: di chi parla, qual è il tema, dove si svolge, cosa è importante per l’eroe o per il mondo in cui agisce, cosa accadrebbe se fallisse il suo obiettivo e – soprattutto all’inizio – cos’è che l’eroe desidera, perché quando so cosa lui o lei vogliono, in quel momento mi unisco a loro, partecipo e desidero la stessa cosa, perché voglio essere quell’eroe, oppure mi rendo conto che gli somiglio in qualche modo.

Non trova che le sue teorie di analisi dello script possano entrare in conflitto con i film d’autore europei, tradizionalmente meno ancorati alla struttura drammaturgica americana?

Sinceramente non vedo alcun conflitto perché parliamo tutti dello stesso argomento: tutti nasciamo, tutti ci avventuriamo nel mondo per costruire una nostra identità, tutti affrontiamo sfide e tutti dobbiamo morire. Non si sfugge a questi fatti.

Tutto ciò che provo a fare è rendere le persone un po’ più consapevoli. Non dò mai delle regole, quanto piuttosto linee guida, dei memo – per così dire – che sono già presenti nel pubblico.

Il pubblico riconosce questi modelli, riconosce la forma di una storia e noi cerchiamo semplicemente di rendere più godibile il film: ma sempre con l’imperativo di farlo in una maniera leggermente differente.

E questo è l’aspetto in cui ritengo che gli artisti europei siano avvantaggiati su di noi, perché noi siamo un sistema industriale, siamo tenuti a sfornare una marea di prodotti. Forse lo fate anche voi, ma penso che qui voi abbiate più libertà di quanta ne abbiamo noi e siete più bravi a rimescolare le categorie di base e a trovare soluzioni fresche, nuove ed esaltanti.

Vedete, è una strada a doppio senso. Voi potete imparare qualcosa da noi, riguardo a come vendere, perché a vendere siamo molto bravi e noi possiamo imparare qualcosa da voi su come rendere lo script speciale e diverso ogni volta.

Credo che le due strade stiano crescendo insieme: i nostri film sono un po’ più europei. Abbiamo più chances adesso, specialmente in Tv, di essere più liberi, creativi ed europei nello stile, e voi avete l’opportunità di prendere il meglio da noi e rendere gli scripts più commerciali.

Quindi penso che questi due modi di narrare storie non siano davvero in conflitto l’una con l’altra.

I produttori italiani non guardano al mercato internazionale. Ci può suggerire un discorso motivazionale con cui provare a convincerli?

Allora, come reinventare la narrazione cinematografica e televisiva, come superare la posizione che sentite da parte di molti produttori e cioè: non mi interessa il mercato mondiale tanto non posso vendere il mio film all’estero.

Sapete, nessuno possiede davvero una risposta; io ve ne posso dare una in generale. Una volta mi sono perso mentre cercavo la casa di un pittore nel Maine, Winslow Homer. Mia moglie scese dalla macchina per chiedere informazioni, ma non c’era nessuno, a parte un uomo che stava sotto la sua auto per aggiustarla, sopra uno di quei lettini con le ruote. Quello scivola fuori e io gli chiesi: può dirmi come si arriva alla casa di Winslow Homer? Lui venne fuori del tutto e mi guardò e disse:

– Continua a guidare e ci arrivi.

Io pensai: wow, che consiglio grande ed universale! Ed era vero: abbiamo solo dovuto guidare un altro po’ e ci siamo arrivati.

Ma per voi questo è un buon consiglio: è difficile, magari impossibile, eppure dovete solo andare avanti finché non ci arrivate. Se ci credete, succederà.

Quindi dovete andare avanti, a dispetto di tutti coloro che vi dicono di no. Tutti questi vi stanno dicendo: impegnatevi di più. Se ne stanno lì tutti impettiti – io li chiamo i Guardiani della Soglia – che proteggono il confine e ogni volta che volete fare qualcosa di difficile, ogni volta che volete fare qualcosa di nuovo, ecco che appaiono e dicono: no, no, no, no, no.

Ma io ho imparato a considerare il rifiuto un incoraggiamento perché stanno proteggendo qualcosa di valore. Quindi, se voi avete paura di loro non andrete da nessuna parte, dovete andare a casa e arrendervi. Ma se invece lo prendete come qualcosa su cui riflettere… – magari devo essere più abile, trovare strategie differenti, strade alternative, passare sopra di loro o intorno a loro, portarli dalla mia parte in qualche modo – allora dovete impegnarvi di più e meglio.

Continuate ad andare avanti finché non arrivate al punto e ci arriverete. Se pensate di non farcela, non ce la farete; se ci credete, ce la farete. E’ solo una questione mentale.

Perciò ve lo ripeto: pensate ad andare avanti finché non ce la farete.

L’intervista è a cura di Michele Alberico, Mariangela Barbanente, Menotti

La traduzione dall’inglese è a cura di Paolo Guerrieri

Scrittori in PugliaExperience

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