Writers

Silenzio, non si gira!

Capitolo 5

Conclusioni

L’anno passato, gli organizzatori dell’edizione 2015 del Film Festival di Freistadt avevano chiesto un commento sul cinema italiano a Nicola Badalucco che spesso aveva partecipato da vicino e da lontano alle loro iniziative.

Nicola inviò loro un testo di 28 pagine intitolato Silenzio, non si gira!

La famiglia di Nicola, che qui ringraziamo di cuore, ci ha concesso di pubblicarlo. Il testo è lungo e abbiamo scelto di riassumerlo in diversi articoli, segnalando i tagli con il simbolo (…) e lasciando a chi vuole la possibilità di consultare il testo intero scaricando l’allegato di ogni capitolo in pdf. Potete trovare gli articoli già pubblicati sul sito: il capitolo 1 qui, il capitolo 2 qui, il capitolo 3 qui e il quarto qui. Quest’ultimo capitolo viene invece pubblicato integralmente.

Sebbene il nostro sito segua la politica dei Creative Commons, il testo di Nicola è protetto dal diritto d’autore e non può essere copiato e arbitrariamente diffuso.

L’imperativo categorico:

                                         “Tu devi scrivere, tu devi scrivere,

è necessario che tu scriva”,

     mi ha svegliato. 

W. Nietzsche

E’ tempo di ritornare al tema iniziale: esiste oggi il cinema italiano? Non esiste. Ogni tanto da un loculo parte un acuto, perché alcuni bravi autori nel frattempo sono nati. In quel caso la critica grida al miracolo e punta su un grande futuro. Ma molta gente che di cinema s’intende non è d’accordo. C’è infatti chi, come me, dice che il grande cinema italiano è scomparso, e per farlo rinascere non basta qualche bel film o qualche promettente autore. Per far rinascere il cinema ci vuole innanzi tutto il cinema.

Si faccia attenzione, non è un gioco di parole.

E però, dirà il lettore, se non è un gioco di parole, che cosa si può fare oltre alle chiacchiere? Badalucco ha posto alcuni problemi, ora tocca a lui dare delle risposte concrete. Giustissimo. Ecco le risposte (ma non riguardano soltanto l’Italia, riguardano l’intera Europa)

  1. Difendere e rafforzare le sale cinematografiche storiche che ancora sopravvivono nei quartieri centrali e periferici delle città (vedi la Francia).
  1. Espropriare e riconvertire le sale abusivamente usurpate per usi diversi, puramente commerciali e lontani dagli scopi culturali (vedi ancora la Francia).
  1. Imporre alla superpotenza americana la legalità secondo il diritto internazionale, cioè il rispetto della reciprocità in materia di importazione, esportazione, doppiaggio (continua a vedere la Francia).
  1. Rafforzare le discipline scolastiche creative e di ricerca anzitutto presso le istituzioni come il Centro Sperimentale di Cinematografia, ma anche presso le più prestigiose università (vedi Stati Uniti, Germania e altre nazioni).
  1. Togliere alle televisioni pubbliche e private la facoltà di produrre film e telefilm. Il compito delle televisioni è “distribuire”, non “produrre” (vedi vari paesi, Stati Uniti compresi), in modo da garantire la diversificazione delle proposte: soggettività, autonomia artistica e libertà d’espressione, senza pressioni politiche, burocratiche e commerciali.
  1. Istituire con apposite leggi il “tax shelter”, cioè la detassazione dei proventi del mercato cinematografico, purché gli utili d’impresa siano interamente reinvestiti nella produzione cinematografica (vedi vari paesi, soprattutto l’Australia). Questa disciplina viene rigorosamente applicata anche a beneficio dei teatri, dei musei, delle sale da concerto (ancora Australia, ma anche Stati Uniti e Canada).

Esistono altre linee di condotta, ma non è compito di un autore esaminarle tutte quante a fondo e tecnicamente. Questo compito spetta ai singoli stati europei, i quali invece sottovalutano l’eccezione culturale (di quest’aspetto si è parlato nel capitolo intitolato “la guerra dei cent’anni”).

Se davvero l’Unione Europea fosse un organismo solidale, potrebbe agire, in modo compatto, in difesa del cinema e dell’identità culturale dei vari popoli che parlano lingue diverse e hanno diverse tradizioni storiche, ma non lo fa. Se una delegazione di cineasti chiede un incontro, viene lasciata fuori dalla porta. Perché? Perché l’unità europea in senso politico non esiste e probabilmente non esisterà mai. L’Europa di Bruxelles si sta rivelando come un incolto raduno di contabili che agiscono per conto del mondo finanziario e strozzano i paesi più deboli. Tutta gente che quando sente parlare di cultura metterebbe mano alla pistola, come diceva Goering con minacciosa ironia.

Ma è naturale che sia così. La globalizzazione vede la cultura indipendente come il fumo negli occhi. Perché mai politicanti e funzionari quasi sempre senza volto e senza nome, ma molto ben remunerati, dovrebbero occuparsi del crollo del mondo culturale, se non dedicano alcuna attenzione neppure alla minaccia dell’Isis?

Basta. Mi fermo. Mi consolo dicendo: ma perché farne un dramma? Non starò esagerando? In fondo che cos’è mai il cinema? E’ soltanto una raccolta di immagini in movimento, cioè l’unica testimonianza viva, nello stesso tempo veritiera e fantasiosa, storica e poetica, dell’ultimo secolo.

Prima che spuntasse il digitale – la cui qualità espressiva è monocorde e perciò lo detesto – di pellicola ne è stata “girata” una quantità inverosimile.

Da qualche parte ho letto che con la pellicola impressionata dal 1895 a oggi ci si potrebbe fare, non ricordo quante volte, il percorso fra la Terra e la Luna.

Se lo sapesse Georges Méliès!

Aprile 2015

Fine

Nicola Badalucco

I capitoli precedenti di Silenzio, si gira! sono rintracciabili qui:

1: Nicola Badalucco cap.1,

2: Nicola Badalucco cap.2

3: Nicola Badalucco cap.3

4: Nicola Badalucco cap.4