Il bollettino dello scrittoreVenezia

Briciole.

Pollicino – o il fantasma della paura di perdersi

Bollettino n. 6/22

Andrea Vernier,  sceneggiatore e socio della Writers Guild Italia, osserva e vive anche quest’anno, dal nostro particolare punto di vista di scrittori, gli eventi della 79. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2022)

Poi arriva il vento. Quello che sposta non solo le cose, ma l’animo di chi lo sente. E tutto cambia.

Settembre sa essere assoluto. Prima rompe un equilibrio – un equilibrio che ha già raggiunto il suo acme e che insiste fino a diventare ossessione. Poi costruisce il suo, di equilibrio.

Il vento ora è solo rumore di spazio scoperto, pulito da ogni altra nota; l’ombra si fa netta, precisa. Le cose hanno nuove tridimensionalità.

Tutto sembra mostrarsi in modo più chiaro. Più intenso. I vestiti lunghi di donne misteriose si fanno ancora più misteriosi; il mare meno domestico e più importante; gli sguardi meno arroganti. Si incrina un mondo.

Il vento smuove. Si aggira. Si insinua.

Tutto diventa più interessante.

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Se fai un western, non puoi togliere l’epica. Non basta voler fare teatro. Non basta destrutturare. Serve epica. (Dead for a dollar)

Se fai un film che volutamente parte, a livello di posta in palio, dopo oltre 60 minuti, accertati che esca solo nei festival ed in qualche sparuta sala. (Il signore delle formiche)

Se hai un portato personale e lo vuoi raccontare, devi trasformarlo in un fatto. Qualcosa deve rompersi e poi ricomporsi. Poco da fare (L’immensità)

Se hai un portato doloro e intimo, ma lo agganci a quel che si è sempre detto di cercare, ovvero l’universale, hai fatto un grande film. Magari non incidi sulla ricerca estetica del dove sia il limite del raccontare, oggi – ma hai fatto un sano e bellissimo lavoro verso chi ti guarda. Questo si chiama rispetto. E cinema. (Les enfants des autres)

(Ricordate Dogville? Una vera storia dentro uno studio nero, con pareti disegnate per terra. Ed era una storia totale. Altro che destrutturazione. Dunque non è il contesto a fare una storia)

Il telecomando obbliga: l’attenzione va tenuta. Te ne freghi? Devi potertelo permettere. Domanda aperta, non retorica: ma è giusto farlo? (Il che porta alla domanda: ma valeva la pena, aveva un senso la premessa di 65 minuti?). Il patto con il pubblico qual é? Hai pagato e allora adesso fatti seviziare? Sei un bambino e dunque farò qualunque cosa che ti metta a tuo agio? Oppure, forse, ci sono domande che bisogna porsi sulla struttura, sul meccanismo “storia di un film” – e poi ci sono domande che bisogna porsi sulla necessità di essere un racconto popolare, condiviso, che susciti passione (in una parola, cinema)?

Dunque non è un’idea a fare un’opera. E nemmeno un portato morale che va enunciato.

Come sempre forma e sostanza – la forma corrispondente alla sostanza. Quel che hai da dire, nel modo in cui lo dici.

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“Bimba che vuole diventare bimbo: in testa ha un fantasma di sé a cui fa aderire il resto. Non siamo tutti così?”

Sì, acuta e incisiva, come sempre, parlando di Crialese (LImmensità) l’esperta sceneggiatrice con cui mi scrivo mi mette sul piatto l’evidenza del fantasma al centro di ogni nostro lavoro: il fantasma del desiderio. Aggiungo però: desiderio vuol dire conflitto, perché il desiderio o è non appagato (con conseguente conflitto di varia natura) o è appagato – nel qual caso non hai più storia. Dunque è il conflitto che manca. Perché serve. Serve come motore – e serve come bussola.

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La forza degli spettri, degli spiriti, è di agitare le coscienze. Scuotono la percezione di reale, deflagrando l’ordine logico. Restando in casa nostra in Amelio (il signore delle formiche) lo spettro è la verità – e a deflagrare dovrebbe essere l’idea di vivere in una società “buona e giusta”. In teoria anche in Crialese (L’Immensità) dovrebbe esserci un movimento similare.

Shakespeare gli spettri li inserisce come micce, come combustibile di sicura detonazione.

Tipo la bomba di Hitchcock lasciata nell’autobus: esploderà, lo sappiamo.

Ad ogni modo serve che ci sia sparo, esplosione. Fatto. Fa impressione constatare, in qualcuno, la mancata volontà di tutto questo. Di ombelichismo siamo già abbondantemente morti da tempo.

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Noto che con il passare delle proiezioni tendo ad affermazioni nette. Come se stessi visionando il tutto sotto l’esaltazione di un liquido di contrasto. Sarà che più accumuli possibili narrativi, più il setaccio tende a serrare le maglie.

Mi servono fantasmi, ecco cosa. I fantasmi veri – non l’aver intravisto la mancanza, ma l’evocazione di strati diversi.

Perché gli spettri inseriscono un’esitazione, un dubbio. A volte è angoscia a volte è auspicio. In ogni caso è altro. Un altro che, a quel punto, deve essere indagato.

Ed ecco la storia.

Andrea Vernier
Inviato WGI a Venezia

Il bollettino dello scrittore – I report dell’inviato di Writers Guild Italia (WGI) dalla 79 Mostra internazionale d’Arte Cinematografica (31agosto – 10 settembre 2022).